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Carruezzo: "Lucchese, manca l'attaccamento a questi colori. Classifica? Sono preoccupato..."

mercoledì, 18 dicembre 2024, 09:00

di gianluca andreuccetti

Eupremio Carruezzo ha lasciato un segno indelebile nella storia della Lucchese. Un leader di poche parole e tanti fatti. Un attaccante carismatico, con il fiuto del gol: basti pensare che è tra i migliori goleador della storia rossonera. Dal 2001 al 2007, sette anni in cui ha dato tutto per questa maglia diventando anche un idolo di tutti i tifosi. Ha gioito e ha sofferto, come in occasione della maledetta finale playoff persa nel 2002 contro la Triestina. Un'annata indimenticabile, dove la Pantera, anche grazie ai suoi gol, arrivò ad un passo dal ritorno in Serie B. Non solo l'esperienza da giocatore: oltre ad aver ricoperto il ruolo di vice di Monaco in prima squadra, dal 2020 al 2023 l'ex attaccante è stato anche tecnico della Primavera rossonera. Eupremio Carruezzo ha rilasciato un'intervista ai nostri microfoni. Queste le sue parole.

Che cosa le ha lasciato l'avventura maturata con la maglia della Lucchese? 

"Ho vissuto sette anni magnifici, sia da un punto di vista calcistico ma soprattutto umano. Un'esperienza unica, perché si era creato un rapporto incredibile tra la squadra, i tifosi e la città". 

Una partita che le è rimasta impressa dei suoi anni in rossonero?

"Al di là dell'epilogo negativo, la finale di ritorno dei playoff contro la Triestina. Una partita che è stata in grado di trasmettere emozioni uniche sia nel bene, che nel male, a partire dall'ingresso in campo: erano anni che non si vedeva un Porta Elisa così gremito. La gioia per il doppio vantaggio e per la rete del momentaneo 3-1 che segnai e che poteva regalarci la promozione in Serie B. Per tempismo, determinazione e caratura, quello contro la Triestina rimane uno dei gol più belli della mia carriera. L'esito negativo di quel match mi ha fatto capire quanto il pubblico mi rispettasse sia come calciatore che come persona".

Negli ultimi anni cosa è mancato alla Pantera per competere ad alti livelli? 

"Non un singolo fattore, bensì un insieme di cose. A mio parere è mancata una proprietà che, oltre ad avere una forza economica, abbia un grande attaccamento nei confronti di questo club. Durante l'esperienza prima come vice in prima squadra e poi come tecnico della Primavera, il senso di appartenenza era il motore principale della Lucchese. Poi, con il cambio societario, sono arrivate persone che non hanno questi colori nel cuore. Mi sembrano figure di passaggio e che trasmettono poco alla città e alla piazza. I tifosi hanno bisogno di sentire vicina la squadra e di vedere calciatori disposti ad onorare fino alla fine la storia di questo club". 

Alla fine del girone d'andata la Lucchese è in piena zona playout: un punto di vista sulla prima parte di stagione dei rossoneri?

"Sono preoccupato. Anche a causa delle condizioni di salute del presidente, non vedo una società solida in grado di permettere ai giocatori e all'allenatore di pensare solamente al campo e quindi all'obiettivo della salvezza. Avendo vissuto tanti anni nel calcio, so per certo che trovarsi in una situazione di classifica del genere non è affatto semplice".

Come mai il calcio italiano negli ultimi anni non è riuscito a sfornare nuovi numeri 9?

"Ai miei tempi l'attaccante era un vero e proprio punto di riferimento all'interno di una squadra: le azioni partivano tutte da lui ed era sempre nel vivo della manovra. Oggi il ruolo del centravanti ha perso sostanza tecnica e centralità all'interno del gioco".

 



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