Settore giovanile

Massimo Barsotti, ovvero il giovane veterano delle panchine rossonere: "Qui i ragazzi sono seguiti passo passo"

giovedì, 18 ottobre 2012, 12:12

di diego checchi

Massimo Barsotti, allenatore dei Giovanissimi A della Lucchese, si confessa e parla dell’avventura con il suo gruppo e soprattutto di quanto è importante la figura dell’allenatore in queste categorie.

Come sta crescendo questo gruppo?

“Sono soddisfatto considerando che la squadra era quasi tutta ex novo, anche se sono tornati diversi giocatori che due anni fa erano già a Lucca ma che purtroppo lo scorso anno nelle loro rispettive società non hanno passato una buona stagione. Allora il mio lavoro deve essere fatto soprattutto dal punto di vista morale. Con questi ragazzi sul campo mi concentro soprattutto sull’aspetto tecnico tattico e cerco di plasmare una squadra a mia immagine e somiglianza”.

Quali sono gli obiettivi per questa stagione?

“A differenza degli altri anni il nostro obiettivo è quello di vincere il campionato per riportare la Lucchese nelle categorie Regionali. Poi se la prima squadra vincerà il campionato e accederà tra i professionisti, ancora meglio”.

Chi sono i suoi collaboratori?

“Mi fa piacere che mi abbiate fatto questa domanda perché è giusto menzionarli e ringraziarli per quello che stanno facendo. Luca Puppa, il mio vice, sta sempre con me sul campo in tutti gli allenamenti, mentre Gabriele Toschi si occupa della parte motoria di tutte le giovanili rossonere e ruota sui campi. Mi dà una grossa mano anche Wialliam Mazzanti che tra l’altro allena anche il 2002 e in certi allenamenti mi aiuta dal punto di vista tecnico”.

Per quale motivo ha deciso di ritornare ai Giovanissimi dopo che lo scorso anno aveva allenato la categoria Juniores?

“Alla fine del campionato scorso lo avevo già detto a Bruno Russo che a me non piaceva questo tipo di situazione. La formazione Juniores, ovviamente, deve stare completamente a disposizione della prima squadra e di conseguenza non puoi far migliorare un tuo gruppo ben compatto e vedere dei miglioramenti nel corso del tempo. Con i Giovanissimi posso lavorare sotto ogni aspetto e veder crescere la squadra piano piano”.

Ci può confermare che è stato ad un passo da allenare una squadra di Promozione?

“È vero, mi è arrivata questa proposta e ci ho pensato circa una settimana, ma poi ho capito che non mi sentivo pronto per questa esperienza. Ogni allenatore deve aver un suo percorso formativo. È logico che non tornerò più ad alleanare i piccoli che fanno calcio a 7 o a 9 perché ormai queste categorie non mi danno più stimoli. Voglio una formazione a 11 che possa far crescere”.

Nella squadra del 1997 che ha lasciato due anni fa, c’è stato la bellezza di 4 anni. Vorrebbe aprire un ciclo anche con questa squadra che sta allenando?

“Forse 4 anni in una squadra sono un po’ troppi perché i ragazzi si abituano sempre alla stessa faccia e alla stessa persona, ma un paio di anni sono quelli giusti per un percorso formativo di crescita. E quando parlo di crescita non mi riferisco soltanto a quella tecnica ma anche umana e comportamenteale”.

Come imposta il suo rapporto con i ragazzi?

“Credo che ai ragazzi vada detta la verità perché hanno una loro testa e possono ragionare da soli. Sono abituato a spiegare le scelte che faccio e quando un ragazzo si è allenato male, glielo dico tranquillamente. Un altro aspetto sul quale ho puntato molto con il mio gruppo è quelllo della scuola e la prima cosa che ho detto quando sono arrivato è che di solo calcio non si vive più e che di conseguneza bisogna avere un titolo di studio. Sono anche dell’avviso che i ragazzi intelligenti sono buoni giocatori”.

Come vede la figura dell’allenatore a questa età?

“Abbiamo la fortuna di essere in una società come la Lucchese che è ben organizzata sotto tutti i punti di vista e dove i ragazzi vengono seguiti passo passo, quindi loro devono aver rispetto per ciò che fanno. Per quanto riguarda il discorso sulla figura dell’allenatore credo sia fondamentale, perché un allenatore a questa età viene ascoltato di più rispetto a un genitore o di un professore perché se un allenatore dice qualcosa a un ragazzo, lui lo recepisce subito”.

Quanta fatica fa a scegliere?

“Purtroppo non posso mettere in campo più di 11 giocatori e devo dire che è molto difficile decidere la formazione ma il mio parametro di giudizio è il lavoro settimanale. È chiaro che lasciare fuori un ragazzo dispiace perché quando incroci i loro occhi capisci il loro disappunto per non giocare o per non essere convocati. Per una mia concezione sono abituato a ruotare gli elementi a mia disposizione. L’unica volta che non fatico a scegliere è quando un ragazzo si allena male durante la settimana”.

Come vive la partita?

“In maniera tranquilla. Penso che un allenatore non debba mettere ansia o pressione ai ragazzi. Quando loro giocano si devono divertire così come l’allenatore. È chairo che mi arrabbio quando vedo che non vengono riproposte le cose che abbiamo provato durante gli allenamenti”.



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