Rubriche : romanzo rossonero

Sceneggiate all'italiana

martedì, 6 ottobre 2020, 11:09

di alessandro lazzarini

La Pantera esce con le ossa rotte da Novara, ma la vera partita si giocava a pochi chilometri, a Torino, dove è andata in onda una sceneggiata all’Italiana che rischia di compromettere la possibilità di giocare a calcio in tempi di pandemia. Ricapitoliamo i fatti: sabato la Asl della Basilicata nega al Potenza la trasferta di Palermo, ma solo perché i lucani sono in attesa dell’esito dei tamponi fatti alla squadra dopo che il venerdì è emersa una positività, quindi non esiste modo di arrivare in Sicilia in tempo per la gara partendo dopo aver completato la verifica. La Lega di Serie C dunque rinvia l’incontro a data futura, ma solo perché è previsto il turno infrasettimanale, altrimenti si sarebbe giocato il lunedì. Esiste infatti un protocollo che di fatto esenta i giocatori di calcio dalla quarantena che qualunque persona ordinaria entrata in contatto con un contagiato deve seguire, un accordo raggiunto dalle varie istituzioni in causa per permettere all’industria calcio di andare avanti, una eccezione senza la quale per ovvii motivi è impossibile svolgere i campionati: se emerge un positivo in squadra, gli altri fanno subito un tampone e, registrato l’esito, quelli negativi possono giocare, salvo diverse disposizione di una autorità statale o regionale. Quindi era già previsto che la regola si potesse accantonare nel caso una Asl lo decidesse, ma il fatto che ha scatenato il putiferio è stato che, a quanto pare, è stato il Napoli a chiedere alla Asl un parere sulla trasferta, non l’Azienda Sanitaria a rilasciarlo di sua sponte. Questo cambia tutto, perché a precisa domanda cosa può mai rispondere una autorità chiamata a tutelare la salute? Insomma, alla fine il trattamento speciale è stato infranto e ora è abbastanza evidente che, se a precisa domanda dovranno essere le autorità sanitarie a decidere se si può giocare o no, tutto il circo sarà a gambe all’aria, perché è inverosimile ipotizzare che tale istituzione possa rilasciare pareri in deroga alle sue finalità, cosa che invece aveva potuto fare lo Stato per ragioni economiche.

Quello che più rammarica, in perfetto stile italiano, è che l’episodio di Torino arrivi al termine di uno schizofrenico e incoerente succedersi di episodi che lasciano il sospetto della solita farsa per il tornaconto degli attori in causa, quando invece si sarebbe potuto rendere la situazione una eccezione a causa del contatto della domenica precedente fra i giocatori del Napoli e quello che potremo chiamare focolaio Genoa. Già in settimana, infatti, Mancini non aveva convocato in nazionale i giocatori del Napoli per ‘motivi precauzionali’ (perché, se vale il protocollo di cui sopra?), ma questi secondo la Lega avrebbero dovuto giocare contro la Juventus, il tutto mentre il napoletano Milik si aggregava alla Polonia; la stessa Asl Campania ha poi permesso alla Salernitana, con due casi in squadra, la trasferta a Verona senza muovere eccezioni (anche perché nessuno l’ha interpellata, come si è visto). Ma non finisce qua, perché esponenti di Governo si sono pronunciati contro la disputa della partita contravvenendo lo stesso protocollo da loro stabilito. Contraddizioni talmente pacchiane che poi, nell’immaginario comune, hanno potuto trovare spiegazione logica solo nella passione che rende irrazionale l’approccio al calcio: al Governo ci sono tanti napoletani e al Napoli conveniva non giocare con due positivi e la settimana sicuramente sotto stress vista l’attesa dell’esito di ben tre tamponi. È questo in sostanza il dubbio che aleggia su tutta la vicenda, cioè che si sia mandata all’aria l’eccezione che permetteva al calcio di andare avanti per un banale interesse di bottega (ovvero il timore del Napoli di non disputare lo scontro diretto nelle migliori condizioni di forma).

Lega di Serie A e Juventus, viste le regole, non potevano far altro che andare avanti tenendo bene a mente che, gettato nella spazzatura il protocollo speciale, il baraccone sarebbe affondato portandosi dietro debiti e perdite impossibili da sopportare se mancano i ricavi, laddove i ricavi arrivano solo dalle partite giocate. Lasciamo poi perdere che alla manfrina si è aggiunto l’inconfondibile stile della Vecchia Signora, che pur dalla parte della ragione non se l’è sentita di tenere un basso profilo limitandosi ad andare al campo come doveroso per salvaguardare il campionato, ma ha dovuto sfoggiare tutta la sua arroganza dando vita a uno spettacolo che aggiungeva il ridicolo all’assurdo attraverso post dove veniva annunciata la formazione, video dell’ingresso della squadra in campo e tifosi vip invitati sugli spalti: uno dei punti più bassi mai toccati dalla comunicazione social.

Ora, se le istituzioni non avranno il coraggio di ratificare la vittoria a tavolino dei bianconeri e quindi riaffermare con forza l’eccezione riservata al calcio, dovremo probabilmente dire addio anche a questo campionato, perché se si ferma la Serie A è impensabile che le categorie minori vadano avanti, anche se potrebbero farlo visto che anche rimandando le partite le finestre per i recuperi, nei campionati minori, si possono trovare. La questione ovviamente non è l’obbligo o la necessità di giocare a calcio in una situazione straordinaria quale è quella che stiamo vivendo da mesi, in fondo il calcio è una piccola cosa di cui si può anche fare a meno, quello che preme sottolineare invece è che questo gioco ingigantito da interessi economici stratosferici e che quindi pretende di essere trattato a suon di eccezioni e privilegi in deroga alle leggi viventi, se vuole davvero essere percepito come l’industria strategica che pretende di essere, deve cominciare ad avvalersi di un atteggiamento di serietà da parte dei propri addetti ai lavori, oltre che di competenza e coraggio decisionale ai vertici.

Insomma, non si sa quante altre partite della Libertas si giocheranno in questo campionato, ma di certo sappiamo che vorremmo vederne poche come quella di Novara, cioè con una Lucchese più o meno surclassata in modo evidente dagli avversari (evidente a tutti meno che ai dirigenti che rivendicano di aver giocato alla pari per un’ora). Non che i Rossoneri non abbiano lasciato intravedere qualche possibilità e alcune individualità frizzanti in avanti, ma il divario tecnico con gli avversari è parso davvero ampio. È vero che sotto di una rete Meucci ha letteralmente dilapidato la palla del pareggio nell’unica occasione degna di questo nome creata dagli uomini di Monaco nell’arco dei novanta minuti, ma non si può con questo dimenticare la fatica mostrata dal centrocampo a tenere il pallone e legare il gioco con gli attaccanti, sempre isolati e supportati a intermittenza dal solo Kosovan. Innegabile anche la sofferenza sulle fasce laterali, dove sono disponibili, sia in attacco che in difesa, solo ragazzini esordienti, mentre un giocatore amato dalla tifoseria come Mattia Lombardo, solido e di categoria, capace di giocare in più ruoli, svincolato e, probabilmente, disposto a venire a Lucca così come ha fatto De Vito, incredibilmente non sembra mai entrato nell’orbita degli interessi sella società. Ci piace leggere i suoi ‘mi piace’ all’ingaggio di De Vito come messaggi subliminali.

Comunque il Novara era uno scoglio molto duro per la neopromossa Lucchese, penalizzata da importanti assenze e per di più infarcita di debuttanti e giocatori di Serie D; c’è bisogno di altre partite per capire la caratura della squadra, anche se non manca nella tifoseria chi già rievoca la prima stagione di C con Pagliuca in panchina, una squadra di ragazzini e un inizio disastroso cui si dovette rimediare in corsa facendosi dare in prestito uno come Forte e con vecchie volpi come Mingazzini e Di Masi.



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