Mondo Pantera

Io non avrei voluto fare il calciatore, avrei voluto giocare nella Lucchese

mercoledì, 18 settembre 2024, 12:21

di maurizio silva

Questo è il pensiero che mi è venuto in mente quando, stamani, sono andato a dare l’ultimo saluto a Beppone e l’ho visto, come altri prima di lui, completamente rivestito da bandiere, magliette e ricordi rossoneri. Non ho avuto le qualità per farlo, l’ho fatto solo parzialmente, mi è rimasta dentro la delusione per non aver mai esordito in campionato, avendolo solamente guardato dalla panchina come momento più vicino. Che sia stato perchè non fossi abbastanza bravo tecnicamente, atleticamente o mentalmente o piuttosto perchè chi doveva formare dei calciatori professionisti, mi aveva capito, ora non importa più. Resta il fatto che avrei voluto giocare nella Lucchese per vedere persone come Beppone, come Beppe, come altri prima di loro e dopo di loro, potessero essere felici anche grazie a me che indossavo quella maglia magica.

Ora il calcio è tutta un’altra cosa, non si ricordano le formazioni a memoria come ad esempio quella del ‘77, non c’è una sovrapposizione della maglia e del giocatore che la rende una cosa unica e rende il calciatore, l‘uomo, un riferimento della propria passione. Ora il calcio è mordi e fuggi, si va alla partita ma non ci si identifica con chi scende in campo, al massimo per la maglia che, a guardar bene, è la cosa più impersonale che ci possa essere. E le società, chiaramente, non sono da meno.

L’assenza della società Lucchese, sostanziale se non formale, in questi momenti, il distacco dalla città e dal suo modo di essere, la freddezza nel demolire leggende viventi con comportamenti a dir poco assurdi e fuori da ogni logica, sono tutti fattori che allontanano i ragazzi dal sognare di giocare nella Lucchese e non di fare i calciatori o anche di sentire i colori rossoneri come li sentiva Beppone e altri come lui. Ricordo lui che fin da piccolo, viste le “dimensioni” giocava in porta nelle partitelle tra ragazzi (ma aveva una agilità a dir poco inaspettata nel farlo), ricordo la sua dolcissima mamma, cara a me e a tanti che l’avevano avuta più come seconda mamma che come bidella, penso a sua sorella e non posso provare che una tristezza infinita per un mondo che se ne va insieme a lui che, comunque, in fin dei conti, ci ha lasciati uscendo dal Porta Elisa, nel luogo che più di altri li ha regalato sogni, speranze, emozioni, tutte rigorosamente rossonere.



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