Galleria Rossonera
martedì, 21 maggio 2024, 09:14
di gianluca andreuccetti
Un ricordo indelebile. La Lucchese degli anni '90 rimarrà per sempre nel cuore di tutti i tifosi rossoneri. Di tutte le generazioni. Una squadra che dopo la promozione dalla terza serie, nel 1991 sfiorò addirittura la Serie A, arrivando a soli due punti dalla massima serie. Erano tempi in cui tutti erano incantanti dal modo di giocare degli uomini di Orrico. Uno dei giocatori simbolo di quegli anni è stato Giampaolo Pinna. Originario di Mores, paese in provincia di Sassari, ha mosso i primi passi nell'Olbia per poi passare nel 1990 alla Lucchese, su richiesta specifica di mister Orrico. Durante la sua carriera, ha militato per diversi anni in Serie B e in Serie C, vestendo anche la maglia tra le altre della Carrarese. Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo nel 2006 non solo ha intrapreso la carriera da preparatore dei portieri, ma ha deciso anche di aprire una propria accademia a Marina di Massa. Giampaolo Pinna ha rilasciato un'intervista ai nostri microfoni. Ecco le sue parole.
Che ricordi ha della sua esperienza in rossonero?
"Sono stati due anni stupendi, i migliori della mia carriera. La partita che mi è rimasta più impressa è stata la finale di Coppa Italia vinta al "Renzo Barbera" contro il Palermo. Un ricordo indelebile".
Cosa mancò alla Lucchese per andare in Serie A?
"Non c'è una motivazione particolare. Un mix di fattori: dalle molteplici squalifiche all'infortunio di Simonetta, indisponibile nel momento cruciale della stagione. A pesare furono alcuni passi falsi, come il pareggio maturato in casa contro il Barletta. In quella stagione (1990-91 ndr) avevamo tutte le carte in regola per aspirare alla massima serie".
Uno dei simboli della cavalcata dalla Serie C alla Serie B fu sicuramente mister Orrico...
"Con lui avevo un bellissimo rapporto. Dopo aver vinto nel 1988 la Serie C2 con la Carrarese, decise di accettare la corte dei rossoneri, facendo di tutto per portarmi con se. Nel 1990, l'affare andò finalmente in porto e passai quindi alla Lucchese. Quell'anno, oltre a me, arrivarono anche Simonetta, Montanari e Russo: tutti innesti che ci permisero di vincere il campionato di Serie C".
L'attaccante più forte contro cui ha giocato?
"Esordii in cadetteria giocando contro Abel Balbo (ex Roma ndr), che ai tempi giocava nell'Udinese. Sempre nella stagione 1990-91, affrontai attaccanti forti del calibro di Bruno Giordano e Gustazo Dezzotti. Chi mi ha messo però in grande difficoltà è stato Giovanni Cornacchini, centravanti in grado di segnarmi diversi gol sia in Serie C che in Serie B".
La Lucchese la segue sempre?
"Come tutte le mie ex squadre, anche la Pantera la seguo con grosso piacere. Un mese fa, sono stato al Porta Elisa per assistere al derby tra Lucchese e Carrarese. Non solo: il giorno stesso della partita, insieme ad alcuni tifosi storici della Curva Ovest, ho visitato il museo rossonero".
Un giudizio sulla stagione della Pantera?
"La salvezza è stata una magra consolazione: la Lucchese può fare qualcosa di più. Spero che la società costruisca una rosa più competitiva e che sia in grado di ambire ad altre posizioni di classifica. Lucca merita una squadra di livello".
Parlando della Serie C, c'è un portiere che quest'anno l'ha stupita?
"La terza serie è da sempre un palcoscenico interessante per tutti gli estremi difensori. Ad essere sincero, ho apprezzato molto Bleve della Carrarese: sa giocare con i piedi ed è in grado di dare tranquillità ai propri difensori".
Come mai i portieri italiani faticano a trovare spazio nelle prime squadre?
"L'Italia ha una delle scuole di estremi difensori più importanti al Mondo. Invece di dare spazio a ragazzi di 16/17 anni, come capitò a Buffon e Donnarumma, molte società preferiscono puntare su profili esteri. Una scelta che personalmente non condivido: un portiere giovane non può essere giudicato sulla base degli errori che commette, ma sulle qualità e le potenzialità che ha".
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