Galleria Rossonera

Baraldi e una storia rossonera che non finirà mai

lunedì, 22 luglio 2013, 17:40

di diego checchi

Quando ripensa alla Lucchese, una delle prime cose che gli vengono in mente è quella: ma se la finale contro la Triestina fosse andata in un altro modo, come sarebbe cambiata la storia rossonera? È la domanda che si fanno un po' tutti i tifosi rossoneri e che si fa ancora oggi, a distanza di 11 anni, l'ex difensore rossonero Gabriele Baraldi. Adesso ha abbandonato il calcio per motivi di lavoro, ma la Lucchese rimane sempre nel suo cuore e quando gli viene chiesto dei rossoneri ne parla sempre molto volentieri e con grande passione. “Spero proprio che quest'anno la società rossonera possa vincere il campionato – esordisce Baraldi – questa “piazza” merita palcoscenici ben più alti rispetto alla Serie D. So che Bruno Russo e gli altri dirigenti ce la stanno mettendo tutta per riportare la Lucchese ai livelli che le competono e spero proprio che ce la facciano”.

Lei è molto legato a Lucca.

“Sì, abito da tanti anni in questa città ed ho la maglia rossonera nel cuore. Onestamente quando sono tornato per la seconda volta avrei pensato di poter chiudere la carriera in rossonero. Poi, per varie vicissitudini non è stato così e allora mi sono divertito in squadre dilettanti come Viareggio e Forcoli. Sono rientrato a Lucca nella mia prima esperienza da allenatore con gli Allievi Nazionali che a quell'epoca erano il 1991 e ci siamo qualificati per le fasi finali finali Nazionali uscendo battuti da uno squadrone come il Napoli dove militavano giocatori che adesso sono in Serie A e B come Lorenzo Insigne e Camillo Ciano. Nella nostra squadra Lenzi, Terigi e Torregrossa stanno facendo una buona carriera a livello di Lega Pro e già questo è un bel traguardo. Poi sono andato a Forcoli e dopo un anno un po' travagliato decisi di interrompere la mia carriera da allenatore. Il sacrificio è stato tanto e non ne valeva la pena. Ho fatto una scelta fra calcio e lavoro e mi sono buttato sulla seconda, dato che è più sicuro di una società di calcio. Per fare l'allenatore bisogna anche essere pronti a lasciare tutto, prendere armi e bagagli e spostarsi in giro per l'Italia e rischiare sulla propria pelle. Ho tre figli e non me la sono sentita”.

Segue ancora il calcio?

“Sì perchè quelli sono stati gli anni più belli della mia vita. Ho guadagnato dei bei soldi e mi sono tolto grandi soddisfazioni. Come potrei rinnegare il mondo che è stato mio per moltissimi anni. Guardo le partite e sono sempre in contatto con i miei ex compagni di un tempo e mi riferisco a Deoma, Ferracuti, Di Stefano, Giusti, Russo, ecc, ecc..”.

Ma della partita con la Triestina che cosa ricorda?

“Quello spareggio è stato maledetto. Eravamo in vantaggio per 3 a 1 e avemmo la possibilità di andare addirittura sul 4 a 1 e garantirci la Serie B dopo la sconfitta per 2 a 0 dell'andata. Quel palo sul rigore di Carruezzo ci cambiò la vita e, prima la mia espulsione, poi il fallo da rigore commesso da Deoma fecero svanire un sogno che avevamo inseguito dall'inizio dell'anno”.

Qual è stato l'allenatore che le ha dato di più?

“Ce ne sono tre in particolare a cui devo molto. Mi riferisco a Gianpiero Marini, Giovanni Trainini e Francesco D'Arrigo. Proprio su quest'ultimo voglio aprire una parentesi: prima dell'esperienza di Lucca è stato lui a volermi al Pisa e mi ha dato anche la fascia di capitano dei neroazzurri. Quando poi è venuto a Lucca è stato lui a caldeggiare il mio acquisto dall'Ancona a gennaio. Io sono tornato molto volentieri in casacca rossonera dopo le 100 presenze con la Lucchese in Serie B. Vorrei ricordare che è stata la Lucchese a lanciarmi nel grande calcio e farmi diventare un uomo”.

Ha dei rammarichi particolari nel corso della sua carriera?

“I tanti infortuni al ginocchio che mi hanno frenato. Se non li avessi avuti avrei potuto aiutare ancora di più la Lucchese negli anni di Serie B”. 



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