Detto tra noi

Scusate, ma non capiamo

giovedì, 16 ottobre 2025, 13:00

di fabrizio vincenti

Siamo tra coloro che hanno ritenuto giusto evitare la trasferta dei tifosi rossoneri a Viareggio, nonostante in materia di divieti sia noto come la pensiamo, ovvero che la politica delle trasferte vietata è troppo spesso una dimostrazione di impotenza degli apparati dello Stato, esibita, a maggior ragione nei confronti, e con un apparente paradosso, verso le tifoserie di minori dimensioni. L'Italia, si sa, è un Paese molto particolare dove chi urla di più, chi è in maggior numero ha possibilità superiori di vedersi rispettare i diritti e a volte anche le pretese. Basti vedere quello che succede in certi cortei. E' una forma di democrazia sicuramente distorta, di cui più volte hanno fatto le spese anche i tifosi rossoneri, basti ricordare il recente divieto per cinque mesi di trasferta a fronte di divieti molto inferiori comminati a tifoserie di Serie A per fatti, lo dicono le cronache, decisamente più gravi e/o in contesti simili. 

Dicevamo, abbiamo apprezzato la scelta della Prefettura e della Questura di Lucca: non c'erano le condizioni minime per garantire un pomeriggio tranquillo, visto che lo stadio di Viareggio, dopo cinque o sei anni di lavori e una mega inaugurazione con vip e star non ha ancora un settore ospiti agibile. E qui, semmai, dovremmo tirare in ballo le responsabilità di chi ha eseguito i lavori, ovvero il Comune di Viareggio, non tanto il Viareggio Calcio che legittimamente ha rivendicato il diritto di giocare nel suo impianto. A parti invertite, avremmo auspicato lo stesso dalla Lucchese. Dunque, l'assenza dei tifosi rossoneri, a nostro avviso, aveva una sua precisa logica. 

Inspiegabile, però, e lo diciamo con vivo rammarico, è quanto abbiamo osservato a Viareggio. Abituati a telecamere, grande presenza di forze dell'ordine al Porta Elisa, abituati persino ai biglietti nominativi – francamente incomprensibili in certe categorie e con un impianto di sorveglianza all'avanguardia come a Lucca – persino in gare dal rischio nullo come Lucchese-Belvedere, ci ha davvero sorpreso quanto visto allo stadio dei Pini, sin dal nostro arrivo. Al di là, buon per loro, dei biglietti che non erano nominativi, la presenza delle forze dell'ordine ci è parsa davvero ridotta, i controlli all'ingresso a un tanto al chilo per non dire meno. 

Ma il bello, anzi il bruttissimo, doveva ancora arrivare: dentro l'impianto la parte calda della tifoseria viareggina, che aspettava da oltre dieci anni la partita, è arrivata preparata di tutto punto. Petardi che sembravano vere e proprie bombe carta lanciate sin da prima del match, e poi durante e dopo. Fumogeni lanciati anch'essi sulla pista (a proposito: meno male il derby c'è una volta ogni tanto, altrimenti addio novella e bella pista di atletica...) che hanno fatto scattare persino l'allarme antincendio. E, dulcis in fondo, al gol del pari di Riad ogni tipo di oggetto in campo, compreso, state leggendo bene, bottiglie in vetro. Come siano entrate, non lo sappiamo. A coronamento, aggiungiamo che non conosciamo se lo stadio ha un impianto di telecamere funzionante: a occhio nudo, non ci è parso, come non ci è parso nemmeno di vedere agenti dotati di telecamere. 

Francamente ci sembra grave, anche perché il paragone con quanto avviene al Porta Elisa diventa difficile da non essere fatto e genera un qualche imbarazzo: pesi e misure diverse? Ci chiediamo cosa non abbia funzionato, per permettere l'ingresso di tutto questo e per generare quello che poi è successo, anche perché sappiamo bene quale sia la professionalità e l'impegno della Questura di Lucca da cui però dipende il Commissariato di Viareggio. L'Italia, viene detto troppo spesso, non esiste:  esistono tante Italie, e su questo presupposto abbia visto tutto e il contrario di tutto, girando per il Belpaese. Ma in questo caso, la Prefettura e la Questura sono le solite. Qualcosa non ha funzionato e siamo i primi a rammaricarcene. 

 



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