Detto tra noi
martedì, 15 ottobre 2024, 08:56
di fabrizio vincenti
Per una serie di liete coincidenze ci siamo trovati a passare lo scorso fine settimana a Siracusa, una città che definire incantevole è probabilmente riduttivo. Una delle tante gemme di questa nostra adorabile, per quanto spesso incomprensibile, Italia. Clima. Mito. Storia. Cucina. Mare bellissimo. E una straordinaria accoglienza, ecco che cosa abbiamo trovato a poco più di due ore da casa. Ma, una volta lì, non abbiamo resistito al fascino maledetto del calcio, e ci siamo recati, domenica, a vedere, grazie alla grande disponibilità di un ragazzo del posto, Fabio, la partita Siracusa-Reggina. E' stata una esperienza unica. Oltre 4000 persone in un catino che porta il peso degli anni come tanti, troppi stadi nostrani, incastrato nel pieno centro nel quartiere di Santa Lucia, un entusiasmo che da tempo non vedevamo, una febbre, quella del calcio, che da queste parti è ancora contagiosa. E che sale già da prima della gara, quando in tanti si ritrovano nei locali vicini per prendersi una bibita e iniziare, anche mentalmente, l'avvicinamento al match.
Quasi 5000 persone, praticamente il tutto esaurito per una gara di serie D, sia pure di alta classifica, sono la miglior risposta al calcio televisivo della Uefa. Qui, la partita continua a essere vissuta non da un gruppo ristretto di persone, ma dalla città: bambini, anziani, famiglie. Tutti allo stadio. Tutti felici di esserci. E una curva davvero coinvolgente, dove tutti stanno in piedi, comprese le famiglie, senza risparmiarsi un attimo nel sostegno alla squadra aretusa. Gruppi. Colore. Identità. Coreografia. E tanti volti, che abbiamo osservato dalla curva, che ci riportavano a visi familiari: il giovane con la maglietta del suo gruppo e il fisico palestrato, l'attempato che urla e sbandiera come un ossesso, la bambina che ha una maglia della squadra. talmente grande che le fa da vestito vero e proprio. C'è un filo che unisce tutte le tifoserie, anche quelle tra loro rivali. E' un filo che si chiama passione. E che è magico.
Novanta minuti di tifo continuo, così come nell'altra curva dove erano presenti oltre 400 tifosi reggini, mai domi, mai in silenzio, nemmeno a fine gara. Con il supplemento di un vero e proprio terzo tempo, dopo che la gara, disputata a ritmi elevati, si era conclusa con la vittoria del Siracusa per 1-0 grazie a un gol del bomber Maggio (uno spilungone che farebbe benissimo anche in categorie superiori). Tutti i giocatori della squadra di casa sono rimasti almeno dieci minuti a cantare, a ballare sotto la curva Anna, quella dei padroni di casa, a guidare i cori. Quasi una danza, un rito. Che grande bellezza. Finché ci saranno momenti come questi, il calcio, quello vero quello che ci fa venire i brividi, sarà vivo. "Fibrillazione aretusa", era il motto su una della maglie dei gruppi della curva: una fibrillazione che è vita. Viva questo calcio, non quello televisivo di plastica.
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