Detto tra noi
venerdì, 8 settembre 2023, 15:25
di fabrizio vincenti
Immancabilmente. Chiunque fosse alla guida della squadra. Qualunque società, più o meno presentabile, fosse al comando. A prescindere dalla rosa, più o meno competitiva, che si affacciasse ai nastri di partenza. La frase, immancabile, a ogni inizio di stagione calcistica, era la solita: "Sono bello carico!". Diego Checchi è stato ed è un manifesto alla vita, lo scriviamo ora che non c'è più, ma lo abbiamo sempre pensato, anche se faticavamo a dirglielo, presi dal nostro disincanto pessimistico con venature scaramantiche. Un inno alla voglia di vivere, a prescindere. A prescindere dalla sorte che non è stata certo favorevole sin dalla nascita. A prescindere dalle tante, troppe, dolorose, incessanti, maledette complicazioni che in 39 anni di vita non lo hanno mai abbandonato e gli hanno ostacolato un percorso di per se stesso già complesso. Eppure lui non ha mai voluto mollare. Anzi, spesso è stato Diego a spronarci, a non abbassare il ritmo e a andare avanti. Come quando nel 2013 la nostra testata ha vissuto un travagliato passaggio alla sua guida. Un punto di svolta almeno in parte verso l'incognito.
Siamo andati a rivedere cosa scrivemmo il quel lontano 26 marzo 2013 in un pezzo intitolato "Passione e professionalità", le nostre parole d'ordine, il nostro comune orgoglio: "A chi scrive e a Diego Checchi, che incarna al meglio proprio le parole passione e professionalità, è bastato vedersi e parlarsi cinque minuti all'Acquedotto, non a caso in una delle case della Lucchese, per dirci: andiamo avanti. Qui. Ora. Subito. Con lo stesso impegno e con la consapevolezza che si può però fare di meglio. E a tal proposito, vi annunciamo sin da ora che in testa frullano parecchie idee per far crescere le rubriche e fornire nuovi servizi e, diciamolo, recuperare un dialogo con i tifosi che negli ultimi anni avevamo un po' perso". Tra le tante idee di Diego, c'è stata in seguito anche quella di Corner Corto, proprio il nostro strumento principe per dialogare direttamente con voi.
"Ti ho mandato un pezzo", un messaggio, rigorosamente sms, perché chi scrive rifiuta WhatsApp: ecco il nostro rito quotidiano. E quando non arrivava - e spesso ne arrivavano comunque più di uno al giorno – c'era da preoccuparsi. Diego è stato sempre nella trincea di Gazzetta Lucchese: se vi si allontanava non era per sfizio o per godersi comunque un meritato riposo, ma per necessità. I suoi silenzi erano il segnale di un problema che stava prendendo nuovamente forma. Quante preoccupazioni. Quante battaglie vinte. Quante visite. Esami. Cure. Con sempre al fianco una madre, Francesca, che ha dato e darebbe la vita per darti un solo giorno in più di gioia. E con al fianco anche tuo fratello Luca, brontolone, disincantato e non sognatore come te, ma il cui primo pensiero, le sue prime preoccupazioni della giornata erano rivolte a te, spesso a tua insaputa: "Fabrizio, come lo vedi Diego?". Un gemello, certo, ma che in qualche modo sentiva la responsabilità del fratello maggiore.
E quante chiacchierate, quante domande, quante risposte, quanti commenti in tutti questi anni insieme. Su quel pulmino, mentre si raggiungevano le località più improbabili dove la Lucchese, tanto per cambiare, soddisfazioni ne regalava poche. Non ha contato. Non conta. Per te, contava solo una cosa: esserci. Come nell'ultimo ritiro al Ciocco: "Mi sento a casa mia", la frase che, dettaci nel giorno del raduno della squadra, ci rimbomba dentro. Ce la siamo portata dietro in queste settimane, perché quasi sino in fondo abbiamo sperato che riuscissero a restituirti alla tua vita. Alla tua passione. Alle tue trasferte. Ai tuoi pezzi. Agli immancabili allenamenti a cui (la tua prima preoccupazione a ogni cambio di allenatore) non volevi mai mancare. Alla tua Lucchese.
Hai lottato. E hai vinto (quello che la Lucchese raramente è riuscita a fare e speriamo riesca, anche nel tuo nome, in futuro). Hai vinto, perché la morte, a cui nessuno sfugge, ti ha trovato vivo sino a che non ha iniziato a ghermirti tra le sue braccia. Sino a pochi giorni fa, quando ancora chiedevi dei nuovi arrivi, delle amichevoli, dei cambiamenti societari. Volevi vivere, lo hai urlato al mondo, e ce l'hai fatta Diego, perché in molti, al tuo posto, non sarebbe stati in grado di fare quello che hai compiuto tu con il carico di difficoltà che ti hanno messo sulle spalle appena venuto alla luce. A presto, Diego, amico e fratello nostro, perché che sia tra un soffio o tra qualche decennio, si tratterà sempre di un batter di ciglia rispetto all'eternità. Ci riabbracceremo. E' tanta la voglia di risentire quella tua inconfondibile risata. Quella tua voglia di vivere. Ti vogliamo bene, ora come ieri. Come sempre.
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