Settore giovanile

Morgia: "Non potevo rimanere, mi sono vergognato per alcune scelte societarie"

martedì, 24 settembre 2024, 07:34

Ha dovuto riporre il suo sogno, probabilmente quello a cui tiene di più, ovvero di ricostruire su basi solide il settore giovanile rossonero. Sono bastati pochissimi mesi, poche settimane, pochi giorni per capire che non era possibile, che le promesse e le premesse erano fondate sulla sabbia e le parole pronunciate solo vana retorica. Così ha rimesso il mandato: Massimo Morgia, nel corso di una conferenza stampa in uno spazio cittadino, ha spiegato come è arrivato al punto di non ritorno, gettando dubbi, molto dubbi, sulla reale volontà societaria di dare vita a un settore giovanile d'avanguardia.

"Sono molto teso e amareggiato ma mi piace come sempre, senza fare polemiche, raccontare i fatti e le dinamiche dal mio ingresso a oggi  – spiega – tutto voi sapete che ho sempre rifiutato di prendermi cura della prima squadra in anni passati, anche in situazioni importanti e con dirigenze altolocate, ho sempre rifiutato perché sapevo che emotivamente non ce l'avrei fatta: il rapporto che mi lega alla maglia e alla città non mi avrebbe permesso di fare le cose in una certa maniera né rovinare i rapporti con la città, la tifoseria e la maglia. Ma ho sempre pensato mi sarebbe piaciuto tornare con il settore giovanile, pensando che sarebbe stata una cosa meno dispendiosa a livello mentale. Ma mi sono sbagliato: il rapporto con la maglia è uguale. Ho intrapreso questa cosa come se avessi allenato la prima squadra come trasporto, emozioni, responsabilità e rapporto con la tifoseria che mi ha sempre voluto bene. Del resto, vi ricordate quando ho dovuto affrontare la Lucchese da avversario quale è stato il mio sentimento".

"E' iniziato tutto a dicembre scorso con qualche incontro con il presidente Bulgarella di cui ho, e non avevo, enorme stima – aggiunge – ci siamo incontrati non in sede e gli diedi una disponibilità a dare una mano nel settore giovanile. Poi per Natale, Bulgarella lo rese pubblico con una intervista e mi sentì obbligato a entrare nella Lucchese. La presentazione è stata però fatta a febbraio, attendevo di farla con il presidente e invece è stata fatta con Lo Faso e Russo, sono entrato come direttore tecnico: ho provato nei primi giorni a fare qualcosa, ma mi sono trovato al cospetto di ragazzi perbene ma con i quali c'è stato qualche problema entrando in corsa. Così mi sono fatto da parte, ma non ho lasciato l'incarico, era il periodo in cui la Lucchese era finita in consiglio comunale per i problemi del settore giovanile e mi sono sentito in dovere di rimanere: sapevo che una mia eventuale uscita avrebbe creato ulteriori problemi. Bulgarella non l'ho visto per mesi per i suo problemi di salute, la stagione è finita e a giugno il presidente è tornato, sono corso in sede per riabbracciarlo, era in sede con il giornalista Tronchetti che poi uscì dalla stanza lasciandoci soli. Al presidente dissi che non ero propenso a andare avanti: tutto ciò che avevo visto non mi era piaciuto e non mi sentivo in grado di proseguire. Ma Bulgarella mi pregò di fare il responsabile di tutto il settore giovanile: davanti a un uomo e a questa maglia non potevo tirarmi indietro, ho accettato non avendo nemmeno le competenze giuste, non sono un uomo da scrivania ma di campo".

"Di Bulgarella ho sempre sentito parlare benissimo da tutti e mi fido ancora di quello che rappresenta come uomo – prosegue – ho stilato un programma molto dettagliato, dove c'era il resoconto di quello che avevo visto e di quello che era mi intenzione fare. Poi con l'aiuto di un ragazzino di venti anni, Tommaso, e di Valiensi ho fatto un ipotetico budget finanziario consultandomi con amici come Obbedio e Indragoli. Abbiamo iniziato a lavorare e per la prima volta nella mia vita non ho messo i piedi in acqua al mare: ho passato tutto il mio tempo allo stadio. Ho spiegato che sarebbe stato un anno di grande sacrificio, c'era tutto da rifare. Per i campi di allenamento ho passato giorni con l'assessore Barsanti per avere S. Anna e San Vito come luoghi di allenamento. A Barsanti ho detto che tutti erano stati fortunati nell'anno precedente, quando si sapeva che l'impianto storico dell'Acquedotto sarebbe stato non più utilizzabile: ci fossi stato io, avrei fatto una lotta incredibile per avere da subito in concessione altre strutture. Non è possibile che la Lucchese si debba trovare in difficoltà per i campi di allenamento, ma Barsanti mi ha confermato che i dirigenti hanno accettato tutto senza dire una parola. Non abbiamo fatto nessuna protesta, comunque, siamo andati a allenarci anche a Farneta in affitto dove abbiamo fatto i primi allenamenti per Primavera e Allievi".

"A tutti ho chiesto di dare una mano – prosegue – io per primo l'ho fatto, caricando ragazzi e palloni, lo scorso anno che andavo al campo sentivo solo lamentele di allenatori e accompagnatori: credo che non si possa lavorare con i giovani sentendo lamentele continue. Dall'inizio ho detto agli allenatori che non volevo sentire lamentele, portando avanti con forza un progetto che ero certo consentisse di arrivare a belle cose. Ho cercato di coinvolgere l'imprenditoria lucchese, uno in particolare l'ho fatto parlare più volte con il presidente, ma ho lasciato poi loro a concludere le eventuali trattative. Da sognatore volevo rendere completamente o quasi rendere indipendente il settore giovanile dalla prima squadra. Il settore giovanile è un fatto sociale e riguarda tutta la città. In tutte le sedi avrei chiesto aiuto, vengo dai quartieri più malfamati di Roma sud a me il calcio ha levato dalla strada e forse dalla galera: il calcio è aggregazione. Di queste cose ho parlato con gli allenatori, i giocatori, le famiglie. Ho trovato 30 persone a convitto, non so se sapete i costi di tutto questo. Ragazzi che alloggiavano in un albergo e si erano iscritti alle scuole di Lucca, poi sono stati mandati a Viareggio e poi un gruppo di questi è stato ceduti, ne sono rimasti 17-18 e ogni mattina dovevano prendere il treno per la scuola e gli allenamenti: due di quei ragazzi sono rimasti, li ho confermati perché secondo me sono due su cui si può investite e lavorare. Ho dovuto convocare le loro famiglie rassicurando che sarebbe stato tutto diverso. Abbiano un appartamento con sei posti letti con un tutor che è una istituzione come Lamberto Cotrozzi e sei sono a convitto. Solo sei, di cui uno arrivato da poco è Moschella che è sempre stato nella prima squadra".

"Abbiamo fatto con grande entusiasmo riunioni su riunioni – prosegue – una delle quali al Museo rossonero dove c'è la storia della Lucchese. In questo periodo abbiamo provato a creare entusiasmo e ne ero strafelice, anche perché ho cercato allenatori che sposassero la causa, poi Vito Graziani è venuto a mancare per problemi personali e ho cercato Bruno Ciardelli che è legato alla mia Lucchese anche per accrescere il senso di appartenenza, come del resto ho contattato Toni Carruezzo, Beppe Di Masi, Igli Vannucchi. Volevo dare un legame forte di appartenenza e ho chiesto massima attenzione al materiale a disposizione. Poi sono mancati 4-5 palloni, in un torneo i ragazzi hanno tagliato i calzettoni come fanno in Serie A e ho detto a tutti che dovevamo tassarci per ricomprarli e dare un senso al lavoro. Quando ci hanno dato San Vito ho voluto far cominciare alcune squadre: siccome mi avevano detto che il campo era disponibile grazie al lavoro di Mauro e di Guidi e ho chiesto ai genitori se erano disposti a cominciare gli allenamenti con la doccia fredda per qualche giorno. Due allenatori che lavorano nel settore alimentare hanno rifornito la dispensa, volevo che si remasse tutti nella solita direzione".

"Perché mi sono dimesso? Il 13 settembre – spiega – sono stato convocato in sede perché mi era stato detto che c'era il presidente, ma era già andato via e la segreteria mi ha spiegato che era uno degli ultimi giorni disponibili per firmare un contratto e il tesseramento. L'anno prima non ho voluto tesserarmi, il mio rapporto è cominciato quest'anno e il 13 ho firmato, e il 17 mattina ho dato le dimissioni.  Il sabato prima c'era stato un triangolare, ho chiamato il presidente perché c'erano dei problemi: i 2010 sono pochi, gli ho detto, rischiamo di fare figuracce, e lui mi ha detto di aver firmato tutto quello che gli hanno fatto firmare. Arrivo al campo e il segretario Barale mi dice che l'ha contattato la segretaria Fabrizia che gli dice che per ordine del presidente tutte le trasferte della Primavera a parte Catania e Catanzaro dovranno essere effettuate in giornata. E su questa cosa ho rivisto i fantasmi dello scorso anno. Ma non è finita: l'allenatore del 2010,  un amico fraterno, Alessandro Tempesti, mi dice che ha solo 11 giocatori a disposizione senza portiere di riserva, per la prima gara di campionato, c'era un premio di valorizzazione che non è stato pagato. Questa situazione, per uno che si sente le responsabilità addosso come me, è inconcepibile. Mi sono vergognato. Quando è successa questa cosa, sono entrato negli spogliatoi e ho detto ai ragazzi di stare tranquilli e che le responsabilità erano solo le mie".

"Il giorno della gara della prima squadra con il Rimini – conclude – ho mandato un messaggio al presidente in cui preannunciavo le dimissioni perché erano successe cose che non potevo essere non valutate. Non volevo tornare allo scorso anno, non volevo concedere alibi, chi non ha il coraggio di ribellarsi non può lamentarsi: ho fatto l'unica cosa che potevo fare, era dimettermi per rendere pubblica la cosa. Queste sono le motivazioni vere. Se mi ha chiamato qualcuno? Ieri ho fatto una videoconferenza con Lo Faso, con Bulgarella non ho avuto occasione di parlarci e credo abbia i suoi seri motivi per non rispondere. Con Lo Faso ci siamo detti che il settore giovanile riguardava solo me e il presidente, sostiene che non sapeva nulla dei tesseramenti e delle altre cose. In questi mesi, mi sono rapportato solo con Minchella. Il budget? credo proprio lo avessero visto tutti e tenete conto che ovviamente senza tanti ragazzi a convitto era ovviamente stato ridotto. Se le mie dimissioni, possono portare tranquillità e risolvere questi problemi concreti sarò il primo a essere contento: un capitano deve fare così, non ero certo venuto per un contratto durato quattro giorni. La mia maglia è stata solo e soltanto quella della Lucchese e lo dovevo dimostrare per l'ennesima volta. La dignità non ha prezzo".

 



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