Rubriche : romanzo rossonero

Ridateci Erbstein

martedì, 19 marzo 2019, 11:29

di alessandro lazzarini

Mentre i proprietari romani, Moriconi e chi più ne ha più ne metta stanno portando via ai tifosi rossoneri squadra e categoria, il sindaco Tambellini e la politica si stanno appropriando dei loro miti. Non si può riassumere in altro modo il momento della Libertas, col futuro societario appeso a un filo e con la prestazione di Siena offuscata da una polemica innescata dal sindaco e che ha portato Lucca ancora una volta alla ribalta nazionale per un gesto antisemita che non c'è mai stato. Come noto la vicenda riguarda degli adesivi appiccicati sul cartello stradale che indica la piazza intitolata al grande allenatore della Lucchese degli anni Trenta Erno Erbstein, cattolico di discendenza ebraica che in quel periodo dovette lasciare l'Italia a causa delle Leggi Razziali fasciste, per poi tornare nel dopoguerra nel Grande Torino e perdere la vita nella tragedia di Superga.

Riscoperto e riproposto dallo storico Luciano Luciani all'alba del secondo decennio degli anni Duemila, il rientro di Erbstein nella mitologia storica rossonera avviene nel 2015, quando nel 'Giorno della memoria' sotto la Curva Ovest tifosi e istituzioni incontrano l'anziana figlia e ne rivivono la figura. Da quel momento però, con un crescendo dialettico che sembra non conoscere complessità e compromesso, Erbstein ha smesso di essere il tecnico che aveva fatto la storia della Pantera nei suoi anni più gloriosi per divenire feticcio, simbolo e strumento politico utile per essere sbattuto in faccia a una parte, se non tutta, la compagine del tifo rossonero, 'colpevole' di ospitare al suo interno anche gruppi ultras che non nascondono esplicite simpatie politiche di estrema destra. Pur non risultando, che si sappia, iniziative di rifiuto della figura di Erbstein o di antisemitismo in generale, da anni ormai il Magiaro viene scagliato dalla sinistra come una freccia infuocata sugli appassionati di Lucchese con il compiacimento di chi, senza mezzi termini, ha in mente una dialettica primordiale del tipo "Voi fascisti tifate la squadra che ha un Ebreo nella sua storia". 

Come un giovanotto che fa il suo incontro con la politica entrando dagli estremi e facendosi le ossa con gli antagonismi ideologici novecenteschi prima di crescere e attualizzare la sua posizione, il sindaco Tambellini irrompe sulla scena con un post Facebook che rinvigorisce l'allarme fascista in città a partire da una dinamica di strada degna del livello di adolescenti dispettosi: sul cartello che indica Piazza Erbstein un gruppo ultras appone vicino al nome dell'allenatore un adesivo col proprio stemma, dei ragazzi riconducibili alla sinistra locale lo coprono con il proprio, gli ultras ne mettono altri. Stiamo tutti pensando alle solite schermaglie fra ragazzi di opposte fazioni, in questo caso diremmo della tipologia più innocua, ma tanto basta al moderato Tambellini - uomo dai toni pacati non certo incline a gettare benzina sul fuoco - per uscirsene con un animoso post che parla di 'duce, fascismo, odio, vigliaccheria, ignoranza' poi vagamente rettificato quando qualcuno gli fa notare che ci sono anche vessilli affini ai suoi colori. Da lì una sequela di interventi politici, con i vari esponenti locali a marcare il proprio territorio di appartenenza facendo leva su retaggi utili a chiamare a raccolta le fazioni ma i cui principi sono ormai solo scorie folkloristiche nella pratica concreta della politica. La conseguenza? Una polemica risibile che però conduce la città di Lucca sulla cronache nazionali come quel posto dove si imbrattano col fine di spregiarli i cartelli di personaggi illustri di origine ebraica. Per rendersene conto basta interrogare internet, da Il Fatto Quotidiano a Repubblica non c'è giornale che si sia dimenticato di mettere in pagina il sedicente 'vergognoso episodio antisemita'.

Sottratto al mito rossonero per farne vessillo politico, Erbstein potrà essere utilizzato ancora per vaneggiare quella che viene considerata l'oscena natura del tifo (tutto) rossonero, che ormai nel grande Magiaro non riconosce più la sua storia, ma l'arma pedagogica di uno schieramento politico che approccia qualsiasi tema e qualsiasi opinione contraria alla propria in senso rieducativo. Probabilmente l'affanno con cui i sindaci della Piana e i loro entourage si sono infatuati della figura dell'Allenatore errante, ad esempio, non permetterà più di giungere a una intitolazione condivisa dello stadio in suo nome, perché i tifosi rossoneri, anche quelli che non appartengono ai gruppi schierati della curva, non ne possono più di gente che mai e poi mai si è interessata della maggiore squadra di calcio cittadina e che però si ricorda della sua esistenza non appena può utilizzare l'arma Erbstein per i propri fini politici.

 Forse è vero che Tambellini non poteva fare molto per salvare questa sciagurata Lucchese, ma a prescindere dalla sorte della Pantera, da cittadini in generale ci aspettiamo dal sindaco una maggiore responsabilità di opinione e, soprattutto, la capacità di essere partigiano (ovvero prendere posizione) sui temi significativi per il presente e il futuro di una città di dimensione internazionale che non può essere trattata, e considerata, come una paesino caratteristico e di moda della campagna toscana dove infantili schermaglie fra circoli animano il dibattito politico.

Poi c'è la partita di Siena, una sconfitta in nove uomini contro undici dal quale ci asteniamo dal fare commenti tecnici e una cronaca che non avrebbe senso, perché l'unico motivo che porta avanti la Lucchese in questo momento è il legame di affetto stabilito fra giocatori e tifosi, nel rinnovarsi settimanale di quella passione popolare che a torto o ragione, non ci stanchiamo mai di ripeterlo, è incarnata dal gioco del calcio. E' per questo che chiediamo al sindaco Tambellini e alla politica tutta, se è vero che non possono ridare ai tifosi una società dignitosa, di rendere indietro almeno i miti storici della Pantera, così che chi non può compiacersi del presente possa almeno consolarsi col passato.



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