Rubriche : romanzo rossonero

Siena e Lucchese, forza e libertà

lunedì, 28 agosto 2017, 10:00

di alessandro lazzarini

Il silenzio per le vittime del terremoto e della sregolatezza edilizia di Ischia accende i fari sulla stagione calcistica di terza divisione. Ormai capita di rado di assistere a partite di pallone il cui prologo non sia il 'minuto di silenzio', che così come ogni rito abusato ha perso il suo potere e non è più vissuto come occasione di raccoglimento e riflessione di fronte a una perdita eccezionale, ma come abitudine in cui per un istante ci si cala nella parte affranta prima di liberarsi nella gioia e nella rabbia dell'evento sportivo.

Che si senta il dovere di istituire in continuazione 'minuti di silenzio' ci ricorda però un'altra verità spesso offuscata dalla furia consumistica, la rabbia e le ipocrisie del mondo del pallone: il calcio è l'evento di costume e il momento sociale più significativo e sentito dal popolo italiano. Non è cosa di poco conto se si considera, ad esempio, la situazione di Lucca.

Per costruire la storia ci vogliono secoli, per calpestarla basta un attimo, la mediocrità e la vanità di qualche amministratore locale, una spruzzata di ideologia a buon mercato e la fede assoluta nella burocrazia. Ecco allora che una antica capitale col suo regno si ritrova spogliata di ogni istituzione, ruolo e funzione di riferimento per il suo territorio, perdendo come ultimo tassello e nel silenzio dei suoi politicanti anche il simbolo di una secolare tradizionale mercantile che ha fatto la storia del mondo, la sede della Camera di Commercio trasferita al mare: l'antica capitale ora così è niente dal punto di vista istituzionale, le sua periferia non la riconosce più, la storia sulla carta è dispersa e i burocrati sentono che è il momento buono per riscriverla. La forza della storia però se ne fa beffe delle carte bollate, è scritta nei muri e soprattutto è geneticamente impressa nel sangue delle persone, che la fanno rivivere proprio nei rituali sociali: la Lucchese è rimasta l'unica istituzione a rappresentare l'omogeneità storico-culturale della Piana di Lucca, 'la squadra della mia città', dove città si identifica con comunità (significato sociale) e non con 'comune' (ente burocratico), la Libertas è il simbolo del capoluogo ma anche degli atomi alla deriva, a Capannori, Altopascio, Porcari, Borgo a Mozzano e via discorrendo si tifa Lucchese.

La politica vuole spesso dimenticare questa realtà, nell'urgenza ideologica di cancellare simboli e superare le tradizioni per istituire una società globalizzata che vada oltre i localismi, dimenticando però che non ci si può sentire cittadini del mondo se prima non si è provinciali, poi patriottici, quindi europeisti: chi non è capace di riconoscere l'appartenenza identitaria alle proprie tradizioni e alle proprie terre diventa per natura divisivo, anche se canta la utopie.

Il lungo e forse noioso inciso ci serviva per ricordare che dietro al calcio-momento d'evasione c'è anche un calcio-istituzione, che nella sua leggerezza ha un valore affettivo, emozionale e di socializzazione che non va sottovalutato, poi c'è la partita vera. In questo caso Robur Siena contro Lucchese Libertas e i nomi delle contendenti ci costringono e ridiscendere ancora una volta nei segni della storia. Robur è la quercia, col suo legno 'robusto' che simboleggia la forza, Libertas è la divinità romana che incarnava la libertà: 'robur' contro 'libertas', 'forza' contro 'libertà' e anche in questo caso non siamo di fronte a due parole che sono semplici orpelli giustapposti al nome di una squadra di calcio. Siena resistette con forza per quattrocento anni ai tentativi di conquista di Firenze, poi dovette cedere e farsi tre secoli di Granducato di Toscana prima dell'unità d'Italia, ma con robur, cioè con forza e con orgoglio. Lucca invece nel Granducato di Toscana non c'è mai stata perché la sua cifra non era la forza, che può essere soverchiata da una forza più grande, ma la libertà, pur mantenuta nella modestia per non suscitare l'invidia dei vicini prepotenti. Le due squadre quindi portano la loro storia nei propri nomi e chissà se i ragazzi che ne indossano le divise, bianconere e rossonere ne sentono il peso.

Dopo un secolo di oblio calcistico la Robur Siena all'alba del terzo millennio ha conosciuto la gloria della massima serie, in concomitanza con la 'grandeur' di una delle più antiche banche del mondo, il Monte dei Paschi, che riversava sul territorio fiumi di denaro per uno sturbo sportivo che ha prodotto nove stagioni di serie A nel calcio e scudetti a grappoli per la pallacanestro. Non per questo il prestigioso istituto è diventato la bancarotta finanziario-politica più eclatante della storia d'Italia, fatto sta che a volte le manie di grandezza servono a costruirsi qualche speranza per il futruro, in questo caso avendo conosciuto la gloria Siena se ne sente degna. Lucca da anni avida di mediocrità invece si è autodeclassata e in serie C, nel calcio come nella vita, si sente a casa. Così Siena è favorita, Lucca invece è fra la squadre cui i pronostici assegnano un destino di media classifica. Eppure questo verdetto non ha molto senso se letto fuori dalla consapevolezza di grandezza di Siena e dalla consapevolezza di mediocrità di Lucca: è vero che la Robur annovera qualche giocatore di buon nome per la categoria, ma la Libertas vanta qualcosa che poche altre squadre possono rivendicare, cioè un gruppetto di cinque o sei vecchietti, ex grandi calciatori, che da anni danno l'anima alla squadra, sono esempio per i ragazzi e imprimono un carattere vero alla compagine rossonera.

 Così all'ingresso in campo uno di questo vecchietti, in silenzio, scrive il suo nome nella storia. E' un argentino di Cordoba, zingaro del calcio piovuto non si sa come a Forte dei Marmi e ingaggiato dalla Lucchese in Eccellenza sette anni or sono; faccia da duro, sembra cattivo ma è correttissimo, in realtà è concentrato. Alla promozione in serie D si disse che non era abbastanza forte e disciplinato per la massima serie dilettantistica, giunti in serie C ovviamente si prese atto che era troppo scarso per la categoria: è sempre qua, sempre titolare e per questa apertura di campionato indossa la fascia di capitano e segna sul suo libro presenze la centosettantatreesima, una in più di Eupremio Carruezzo, cioè oltre la leggenda. In verità non sarebbe lui il capitano, ma Matteo Nolè, perché lui, Marcos Espeche, è un operaio silenzioso, il suo giocatore modello è Mascherano, soprannominato 'el mudo', il muto.

A centrocampo stringe la mano all'altro capitano, Marotta, ex rossonero, napoletano, scugnizzo di classe, petto in fuori, testa alta e guizzi imprevedibili, barba e capelli lunghi, a Siena lo chiamano Gesù, per assonanza fisica e anche per carattere rivoluzionario ed imprevedibile. Intanto gli allenatori si avviano alle panchine, su quella della robur Mignani in completo grigio, camicia bianca e cravatta, su quella delle pantere lucchesi Lopez in polo bianca e bermuda blu.

Forza contro libertà, 'il muto' contro 'Gesù', cravatta contro bermuda ed è servita la mitologia della partita al fischio d'inizio. Il contorno è fornito dallo stadio di Siena, gremito di poco pubblico e costruito a pezzi staccati l'uno dall'altro, quasi a casaccio; come tutti gli stadi che non sono ad anello, incluso quello di Lucca, il vuoto che separa i settori funziona come da spiffero, disperde il calore, così le poche decine di tifosi ultras bianconeri e i 200 rossoneri arrivati da Lucca fanno assai fatica a creare l'ambiente epico dello scontro. Questi spifferi però non riescono a disperdere il caldo di fine agosto, né l'atmosfera vagamente vacanziera che mal si sposano con l'agonismo che sarebbe necessario per giocare al pallone. Ne viene una partita un po' lenta e fatta di poche emozioni, un primo tempo piuttosto equilibrato e noioso animato da un paio di tiri per parte. Nella noia però, come fosse l'unico personaggio di un film le cui gesta sono riprodotte e velocità normale mentre quelle degli altri sono proiettate al ralenty, emerge il numero 20 in maglia rossonera, un ragazzino di nome Russo tornato pantera dopo qualche prestito nelle serie inferiori; non che riesca ad ottenere qualcosa di straordinario, ma ogni volta che entra in possesso del pallone accelera, gli avversari più vicini se lo vedono sfilare via, i compagni non riescono a stargi dietro. 

Il secondo tempo comincia come il primo finché arriva la solita volata di Russo, che sulla metà campo va via a un paio di giocatori del Siena e si invola verso l'area di rigore, dove però trova un muro bianconero che lo ferma: è lì che si sveglia la partita, perché la Robur stavolta contrattacca veloce approfittando del fatto che i giocatori rossoneri hanno seguito in massa il ragazzino, in tre passaggi i senesi sono vicini alla porta, la difesa lucchese indietreggia ma si sente sguarnita, un rapido tocco smarca l'ala bianconera sulle destra d'attacco dell'area di rigore, da dove può calciare indisturbato un rasoterra indirizzato fra la linea dei tre difensori rossoneri che indietreggiano e il portiere: è in questo limbo di terra di nessuno che si avventano gli avanti del Siena, il primo proprio davanti alla porta manca la sfera di un centimetro, il secondo sul palo più lontano colpisce il pallone e lo spedisce in rete: 1-0 come voleva il pronostico.

Aperta la breccia si dispiegano le forze, così emerge la tecnica del Siena, che palleggia e mantiene il risultato senza problemi, anche perché la pantera oltre che sfavorita è rimaneggiata, mancano tre o quattro titolari e comunque la squadra ancora una volta sembra troppo operaia, cioè carente di classe e palleggio, così piuttosto che occasioni per il pareggio, arriva un nuovo contrattacco dei padroni di casa, che però si vanifica sul palo. E' vero c'è l'anima e il carattere, ma stavolta portano solo qualche mischia e troppo tardi: il campionato della Lucchese inizia con una sconfitta.

Non è una novità per i tifosi rossoneri e per i duecento che sono venuti allo stadio inizia l'ennesimo viaggio di inizio campionato dove c'è da commentare una sconfitta. Sono padri e madri di famiglia, ragazzi e anziani uniti da una passione futile che, pur di vedere la partita, li porta a sacrifici che ai più possono sembrare assurdi. Fra di loro ci sono anche gli 'ultras', alcuni dei quali riuniti in un gruppo chiamato 'La meglio goventù' con esplicite simpatie di destra estrema; alcuni ragazzi di questo gruppo alla presentazione della squadra si sono resi protagonisti di una goliardata (di dubbio gusto, ma tale) che ha riempito le pagine dei giornali: hanno fatto il saluto romano mentre posavano per una foto ricordo col Vescovo. Il tutto dopo che il sindaco di Lucca era stato fischiato e offeso proprio nel corso della stessa serata. Episodi che hanno portato le istituzioni e l'opinione pubblica a un ennesimo riduzionismo divisivo: fascisti, ignoranti e beceri quelli che vanno allo stadio, 'buoni' quelli che non ci vanno.

 

 

 



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