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I giochi di carte tipici di Toscana

martedì, 28 maggio 2024, 18:17

I giochi di carte occupano un ruolo importante nella storia e nelle tradizioni del nostro Paese. Ancora oggi, nonostante le moltissime comodità concesse dalla rete, i mazzi di carte sono diffusi tra le piazze, sui mezzi di trasporto o sotto l’ombrellone, perché permettono di stare in compagnia e divertirsi con poco e in breve tempo. Di certo il settore dell’intrattenimento non sarà il più importante in assoluto per quanto riguarda l’economia nazionale, ma comunque contribuisce fattivamente al folklore nazionale. Lo dimostra anche il fatto che in giro per lo Stivale è possibile imbattersi in molteplici tipologie di mazzi regionali, in alcuni dei quali risultano evidenti simboli e raffigurazioni volti ad omaggiare una specifica città.


Spesso quando si sente parlare di giochi di carte si pensa subito a giochi semplici, tutt’altro che complessi, perché si è abituati a praticarli nella dimensione domestica. Chi frequenta invece delle apposite sale sa che alcuni giochi sono particolarmente strutturati e che richiedono la presenza di alcune figure fondamentali. Nel blackjack, ad esempio, tutti i partecipanti sanno cosa fa esattamente il croupier, che diventa di fatto l’avversario da sfidare a turno. Se si restringe il cerchio ai giochi tipicamente italiani, però, bisogna scartare buona parte di quelli che prevedono l’utilizzo di carte francesi. Tra le regioni nostrane che più curano la tradizione dei giochi di carte figura la Toscana, dove è possibile reperire mazzi più antichi, oggetto del desiderio dei collezionisti, come mazzi molto più recenti.


A Firenze e dintorni non si gioca solo a scopa o a briscola. Alcuni giochi sono effettivamente tipici della Toscana e vengono individuati nella “bassetta” e nelle “minchiate fiorentine”. Nel primo caso si tratta di un gioco le cui origini risalirebbero addirittura al XV secolo. Le regole sono elementari: chi alla fine di una mano si ritrova con la carta dal valore più elevato vince. Un gioco estremamente semplice, ma talmente popolare che il celebre scrittore fiorentino Lorenzo il Magnifico arrivò a farne menzione nei “Canti carnascialeschi”.


Ben presto, però, la bassetta divenne addirittura illegale e finì con l’essere rimpiazzato da un altro gioco, ossia il faraone. Le regole prevedevano che il mazziere disponesse le carte sul tavolo per poi dare il via a delle vere e proprie puntate su una o più carte coperte. In seguito il mazziere avrebbe estratto altre carte: quelle uguali alle prime sarebbero risultate perdenti, mentre quelle uguali alle seconde invece vincenti. Un gioco sicuramente diverso dai soliti e anche per questo più avvincente, almeno ai tempi.


Le minchiate fiorentine hanno una storia assai differente, in quanto pare che siano legate ai tarocchi. Questo gioco è divenuto via via sempre meno conosciuto perché richiedeva l’utilizzo di un mazzo da 97 carte, con 56 semi e 41 trionfi. Le regole, inoltre, non erano affatto semplici: l’obiettivo era alla fin fine quello di accaparrarsi una certa tipologia di tessere conseguendo punti tra prese e combinazioni varie di carte, note come “versicole”. Il gioco proseguiva finché non si esaurivano le carte del mazzo, dopodiché si procedeva al conteggio dei punti. Purtroppo, complice anche il proliferare delle soluzioni digitali che permettono di praticare a distanza i giochi di carte molto più conosciuti, alcune chicche sono andate quasi del tutto perse nel tempo.



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