Rubriche : romanzo rossonero

Il calcio romantico ha la sua capitale a Lucca

giovedì, 28 marzo 2019, 07:45

di alessandro lazzarini

Abbiamo chiamato questa rubrica 'Romanzo' perché quando l'abbiamo ideata l'intento era quello di proporre un narrazione del calcio diversa, con l'obiettivo decisamente spericolato di restituirlo a una dimensione più umana raccontando la partita non nella forma della cronaca sportiva, ma come fenomeno di costume e partecipazione dove si incontrano passione, socialità, emozioni, anche politica. Poco doveva importare dell'attuale idiosincrasia alle letture più lunghe di poche righe, delle inutili e conformistiche dichiarazioni dei protagonisti del pallone, delle insignificanti pagelle, della tattica: quello che doveva assumere importanza nel racconto era il significato che quei novanta minuti assumono per chi li vive in campo e soprattutto sulle gradinate. Una utopia romantica finalizzata a strappare il calcio, almeno per il tempo di lettura dell'articolo, a quel giogo di statistica e contabilità in cui è stato confinato e così restituirlo al suo legittimo proprietario: la gente. Non ci siamo riusciti probabilmente, ma non possiamo sapere se ne siamo capaci o meno: il fatto è che da quando abbiamo iniziato il romanzo non abbiamo mai potuto scriverlo noi, ma lo abbiamo dovuto subire scritto da altri. Da subito i proprietari della Lucchese hanno iniziato la loro stesura di un horror che sembra non aver mai fine e che non ci lascia nemmeno la suspence della scoperta dell'assassino. Poi, contestualmente e tutto sommato in modo inaspettato, stiamo assistendo alla stesura di una sorta di romanzo di formazione in cui un gruppo di ragazzi e un manipolo di tifosi, a dispetto della realtà, stabiliscono un legame viscerale e insieme combattono per salvare un ideale e far sopravvivere un sogno a quello che sembra un destino inevitabile. 

La trama, più o meno è questa: un ideale spacciato viene quasi ucciso ma poi, senza apparente motivo, viene riportato flebilmente in vita affidando a un manipolo di uomini, fra cui un direttore sportivo e un allenatore, la missione di farlo sopravvivere col minimo sostentamento. Queste persone trovano una ventina di ragazzi disposti a svolgere il compito, ragazzi che pensano solo di svolgere la loro professione e in principio non sanno che del loro lavoro non resterà quasi più niente, perché a un certo punto c'è chi deciderà che ciò che aveva deciso di mantenere in vita, invece, deve morire. E' così che il manipolo di uomini e i ragazzi si accorgono che la vittima non è solo una maglia a strisce con uno stemma, ma un simbolo fautore di passione per qualche migliaio di persone che, per quanto irrazionale possa sembrare, soffrono e gioiscono in suo nome. Con questa consapevolezza si scatena una sommossa contro gli "aguzzini", adesso moltiplicati, la partecipazione smette di essere un lavoro e manipolo di uomini, ragazzi e tifosi si uniscono in vista di un unico fine: lottare per far vivere la Lucchese.

Volevamo riportare il calcio alla sua dimensione pionieristico romantica con le parole, invece Obbedio, Favarin, i dipendenti della Lucchese e i giocatori ce lo hanno riportato coi fatti: nessun compenso, trasferte pagate dai tifosi, prato del campo tagliato dai giocatori, collette per le bottigliette dell'acqua, doccia fredda allo stadio e chi più ne ha più ne metta. Ci siamo impegnati a cercare di spiegare la differenza che passa fra il calcio-industria dello spettacolo senza campanili e senza realtà di piccole dimensioni e il calcio fenomeno di costume facente parte della tradizione. Se non ci siamo riusciti eccola qua: a Lucca in futuro chi ha l'età potrà ricordare le grandi e vincenti Libertas della serie A, o la spettacolare Lucchese di Orrico che contribuì a rivoluzionare il calcio in Italia definendo la transizione fra sistema di gioco antico e moderno, poi ricorderà questo gruppo per lo più di giovanissimi ultimo in classifica e probabilmente destinato altrove quando alla fine l'utopia dovrà infrangersi nella realtà del disegno orchestrato dai grandi aguzzini. Forse mai prima di quest'anno si era mai creato un legame così viscerale fra i tifosi (i pochi rimasti) e la squadra: ogni partita è una festa in cui tutti i protagonisti in campo e fuori rivendicano il loro orgoglio e alla fine, qualsiasi sia il risultato, si celebra un connubio che resterà indelebile per chiunque lo abbia vissuto anche quando le strade si divideranno.

Chiaramente fa male vedere che anche Lucca, ormai, è un luogo dove il calcio-industria ha contagiato quasi tutte le persone e così ciò che un tempo era la domenicale festa della tradizione ha lasciato il posto al tifo asettico per le squadre-multinazionali e lo show vissuto sul divano nella solitudine del consumatore che l'era moderna impone violentemente a quasi tutte le coscienze. Ancor più male fa andare a giocare sul campo della prima in classifica, l'Entella Chiavari, e trovare un piccolo stadio reso moderno e tappezzato di pubblicità e sponsor si imprese locali, come se tutta la cittadina si fosse stretta attorno a questa piccola realtà virtuosa facendo a gara per volerci essere dando il suo piccolo contributo. A Lucca questo non succede in nessuno sport, nemmeno nel basket femminile che ha raggiunto lo scudetto: la città ha abbandonato la sua squadra di calcio e di sicuro, nel complesso, non si merita l'orgoglio, l'abnegazione e la dignità che il gruppo sta portando su tutti i campi su cui mette piede. E' vergognoso che almeno qualche persona in più non trovi la forza, come faceva un tempo, di venire al Porta Elisa almeno una volta per vedere cosa sta succedendo e tributare almeno a un saluto a degli sportivi che in qualche modo stanno mostrando quelli che dovrebbero essere i valori pedagogici dello sport, a dispetto delle manfrine dei rinnovi contrattuali o dei procuratori con cui i rotocalchi di gossip sportivo riempiono le loro pagine o le loro dirette in tv.

Se ancora oggi la Lucchese Libertas 1905 ha una minima speranza di non essere spazzata via e rigettata nella spazzatura del calcio dilettantistico, lo dobbiamo solo e soltanto a un gruppo che sta continuando a scendere in campo malgrado la società non esista più.

Nel frattempo il romanzo horror continua a sfornare capitoli, nell'ultimo dei quali un nuovo possibile proprietario che sembra aver tutte le carte in regola per poter dare il colpo di grazia all'ideale rossonero si è recato dal sindaco Tambellini, che ha definito l'incontro "soddisfacente": chissà se "soddisfacente" significa che la Lucchese sarà salvata oppure che sarà soddisfatto quello che potrebbe essere il suo sogno: levarsi la bega 'Lucchese' dai piedi ritrovandosela in Eccellenza dove senza sborsare una lira potrà essere presa da qualche imprenditore lucchese 'gradito' pronto a proporsi come salvatore della patria. Di nuovo.

 



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