Rubriche : romanzo rossonero

Tambellini e Moriconi, la Lucchese non è solo una società privata

martedì, 19 febbraio 2019, 08:11

di alessandro lazzarini

Una vita dominata dalla razionalità assoluta permetterebbe agli uomini di non essere travolti dalle emozioni, in sostanza di soffrire solo per cause fisiologiche e mai per accadimenti che riguardano la sfera emotiva, ma per fortuna l'essere umano è dominato dalle passioni. Il latino pati e il greco pathos che danno origine al moderno 'passione' lasciano poco spazio all'immaginazione e il legame con la sofferenza che è nascosto nell'etimo è oggettivizzato nel significato. In sostanza la passione è quel sentimento costruttivo che ci spinge ad agire in direzione di una grande emozione che può anche risolversi in una cocente delusione. Esistono molti tipi di passione: per l'altro sesso, per una causa superiore, per il bricolage e così via, molte in sostanza sono futili, appaiono inspiegabili o non meritevoli.

D'altra parte, essendo il nemico della ragione per definizione, la passione è irrazionale, ecco perché la gente sovente riserva la propria ad 'agenti passionali' che sarebbe meglio lasciar perdere. Perché 'agenti passionali'? Perché ciò a cui ci appassioniamo non è un soggetto passivo verso il quale riversiamo la nostra attenzione, ma diventa un principio attivo che agisce sulle nostre emozioni e, quindi, ne siamo in un certo senso in balia. Ecco perché se decidiamo di appassionarci ad una squadra di calcio, per soddisfare la nostra passione non basta andarla a vedere, ovvero non è sufficiente la nostra iniziativa, ma ci vuole anche che la squadra agisca positivamente nei nostri confronti, cioè che in qualche modo soddisfi le nostre aspettative. E' un concetto piuttosto semplice che meglio si esemplifica con l'attrazione, diciamo, per un uomo o una donna: non basta veder l'oggetto del nostro desiderio al supermercato, ma affinché la nostra passione sfoci in una emozione positiva è necessario che sia soddisfatta da certi ben precisi comportamenti (ricambiata) che non dipendono dalla nostra volontà (potremmo non piacergli), altrimenti l'epilogo del nostra sentimento sarà una sorta di sofferenza.

Questo lungo prologo, oltre che per riempire un po' le pagine di questa rubrica, nelle nostre intenzioni dovrebbe servire anche a spiegare a colui che gestisce la società e al sindaco di Lucca il motivo per cui la Libertas non è "solo" una impresa privata. Il primo infatti, nel giorno della sciagurata presentazione dei tre soggetti romani che al momento dovrebbero ancora essere i proprietari effettivi della squadra, si aggirava per i corridoi della tribuna del Porta Elisa interagendo con i giornalisti e ripetendo "mi dicono che la Lucchese non è solo una azienda privata" (e pertanto la lascio in buone mani!) e quindi facendo un po' di esegesi spicciola volendo significare che da solo non riesce a comprendere il valore sociale e affettivo che rappresentano i colori di una squadra di calcio per chi, a torto o a ragione, la rende oggetto dei propri sentimenti. Che in società questo fattore folkloristico irrazionale non venga compreso è palese, perché solo la totale mancanza di empatia può generare un simile accanimento verso le emozioni degli altri che si manifesta attraverso silenzi stampa, omertà su intenzioni e iniziative, totale incertezza del futuro.

Ben diversa ovviamente la prospettiva del sindaco quando si appella alla natura privata delle società di calcio per manifestare la propria impotenza verso una qualsiasi azione concreta che possa favorire il risolversi dell'impasse societario, che è la pura e disarmante verità, e tuttavia quando si è a capo di una comunità dovrebbe essere proprio dovere anche esternare il proprio disappunto e stigmatizzare pubblicamente il contegno di soggetti che umiliano i sogni del gruppo di persone di cui siamo al vertice. Poco importa se nel caso specifico si tratta di calcio, una passione che per certa intellighenzia con la puzza sotto il naso è da basso volgo: qua siamo nel campo dell'irrazionale e nessuno può ergersi a divinità e stilare una classifica dei desideri altrui. Certo sarà più nobile appassionarsi al destino degli animali macellati che a dei ragazzi che rincorrono un pallone, ma proprio perché la ragione non può far molto contro l'emozione, il senso di frustrazione che ne può derivare è probabilmente molto simile. Qua si riesce a dissociarsi pubblicamente dalle idee e dall'estrazione culturale del presidente democraticamente eletto di un grande stato sovrano, ma non si riesce a dire a un imprenditore che col suo comportamento ha superato ogni limite di decenza. 

Comunque la trovata del giorno è che la passione per la Lucchese sia la dimostrazione concreta che il legame con la sofferenza non è solo etimologico, ma anche tremendamente pratico. Non si spiegherebbero altrimenti i musi lunghi, le mani nei capelli e l'enorme delusione che gli ultimi romantici innamorati (sempre meno) avevano stampata sul volto al termine dello scontro casalingo con la squadra più forte del campionato, quella che doveva fare la serie B, quella contro il quale le Pantere strapazzate qualche giorno prima dall'ultima in classifica avrebbero dovuto perdere senza tanti discorsi. Chiunque avrebbe firmato per un pareggio e ne sarebbe stato soddisfatto, invece no, e proprio perché la passione agisce sulla nostra ragione rendendola inoperante ai tifosi lucchesi non è stato permesso di trovare soddisfazione nemmeno dal punto conquistato contro l'Entella Chiavari, perché i liguri che dovevano dominare non solo hanno dominato ben poco, ma avevano già praticamente perso quando all'ultimo secondo hanno trovato un fortunoso pareggio. Una ulteriore beffa sulla Via Crucis dei tifosi rossoneri, talmente beffarda che dopo il pareggio non c'è stato tempo nemmeno per rimettere la palla al centro e ripartire, fosse anche per qualche secondo. 

Poi, appena il mattino dopo, ancora una bastonata con altri otto punti di penalizzazione e la collina che c’era da scalare che diventa una vetta dell’Hymalaia, ennesima decisione ai limiti del dubbio che consegue all’imbarazzante improvvisazione della società e che, se non ci saranno revisioni, col suo contorno di 350mila euro di multa potrebbe essere la sentenza definitiva sulle residue (irrazionali) speranze di chi crede che il calcio professionistico a Lucca possa andare avanti anche oltre giugno. Certo a mitigare la delusione c'è una squadra che sarà pure imprevedibile, lunatica, poco pratica, ma che come poche altre a memoria di tifoso è riuscita, grazie all'impegno e un inimmaginabile rispetto per i colori malgrado le vicissitudini societarie, ad entrare in simbiosi con quel che resta del pubblico della Libertas.

Qualche parola ovviamente dobbiamo spenderla anche per Cuneo - Pro Piacenza, con una squadra al completo che umilia 20-0 sei ragazzini più un infiltrato mandati allo sbaraglio in quella che possiamo considerare l'apoteosi del campionato farsa che l'incompetenza dei dirigenti della Lega Pro è riuscita a mettere in piedi. Il calcio non è il rugby e anche lo fosse dubitiamo che il modo migliore per rispettare avversari mandati in campo tanto per scrivere che la partita è stata disputata sia giocare al massimo delle proprie possibilità: il Cuneo a rischio retrocessione si è sistemato la differenza reti, poi a un certo punto si è ricordato che era in scena una farsa.



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