Rubriche : romanzo rossonero

"Prima che calciatori veri uomini"

lunedì, 31 dicembre 2019, 17:48

di emanuela lo guzzo

“Prima che calciatori veri uomini”. Lo striscione esposto dal gruppo organizzato Youth della Curva Ovest a fine gara, i calciatori che si dirigono verso il settore ospiti spogliandosi di maglie e pantaloncini per lanciarli ai propri tifosi, il lungo applauso di tutti verso tutti. Si chiude con questa immagine il derby Arezzo-Lucchese, ultimo match del 2018, prima giornata del girone di ritorno in cui i rossoneri raccolgono un punto dopo un pari a reti inviolate. A essere stata violata invece, nel corso di una delle settimane più lunghe dell’anno, è stata ancora una volta la storia della Pantera, offesa, mortificata e schiaffeggiata da mani sporche di avidità e malafede.

Ieri allo Stadio Comunale Città di Arezzo, da dove la stagione ha avuto inizio il 5 agosto scorso per la prima uscita di Coppa Italia, non sono scesi in campo solo i quattordici calciatori impiegati da mister Favarin, ma è andato in scena l’orgoglio di una squadra di ragazzi coraggiosi unito a quello di quei oltre centotrenta innamorati pazzi - ché definirli semplici tifosi ormai è riduttivo - al seguito. L’orgoglio più forte del timore di ripercussioni per la presa di posizione contro la nuova società.  L’atteggiamento gagliardo e fiero di chi rivendica onestamente il sacrosanto riconoscimento dei propri diritti calpestati proprio da chi si vanta di ben altro. La certezza del pagamento del mese di novembre infatti avrebbe dovuto essere data ai calciatori rossoneri dalla vecchia proprietà e ben prima che i nuovi figuri si affacciassero al Porta Elisa. Ricordiamo infatti che la storiella del pagamento degli stipendi in anticipo non corrisponde a realtà. O meglio, è vero che la Lucchese ha pagato entro il termine ultimo fissato dalla COVISOC per il 16 dicembre, ma è altrettanto vero che in quella data sono stati pagati stipendi e contributi relativi ai mesi di settembre e ottobre e che a norma di legge i tesserati rossoneri, così come tutti gli altri lavoratori dipendenti, avrebbero invece il diritto di percepire mensilmente il proprio compenso.

Riassumendo: per vedersi retribuire il mese di settembre Bortolussi&C hanno dovuto aspettare metà dicembre. Se a qualcuno sembra normale allora i pazzi siamo noi. Dopotutto siamo qui a parlare di gente che ha ceduto la società il 17 dicembre e due giorni dopo era tranquillamente alla cena di Natale con squadra, staff e collaboratori a continuare a prendere tutti allegramente per il culo. Gente che disquisisce con supponenza di valori umani, ma che dopo un mese dal grave malore che ha colpito Renzo Reni, instancabile soldatino da anni al servizio della Lucchese, non gli ha ancora telefonato nemmeno una volta (mister Favarin a parte).

A ogni modo, in una domenica blindata e di straordinari per le forze dell’ordine, ci teniamo il punto di personalità conquistato contro la terza forza del campionato. Ci teniamo stretti questi calciatori che hanno scritto un’importante pagina di ribellione e che contro tutto e tutti - nonostante le paraculate di chi, invece di alzare pubblicamente la voce per difenderli, li manda avanti da soli - stanno onorando la maglia dimostrando di voler davvero essere la Lucchese. Ci teniamo stretti i tifosi, tutti, quelli della Curva Ovest, di gradinata e tribuna, i cani sciolti, quelli che risparmiano per non saltare una partita, quelli che ogni occasione è buona per aggregarsi in nome dei colori rossoneri, quelli delle iniziative benefiche, a partire dall’aiuto alle famiglie colpite dall’incendio sul Monte Serra fino alla raccolta in favore del piccolo Tommaso. Quelli degli striscioni di vicinanza per ricordare chi non c’è più o per sostenere chi è impegnato in dure battaglie. Senza di loro la Pantera non sarebbe niente.

L’augurio per tutto l’ambiente rossonero è di un 2019 all’insegna di passione, serietà, chiarezza e di libertà dalla prigionia dell’omertà, dell’oscurantismo, della sofferenza e della vergogna dell’ultimo anno.



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