Rubriche : romanzo rossonero

Punto in spalla, gara alle spalle e avanti a testa alta e schiena dritta

martedì, 9 ottobre 2018, 01:09

di emanuela lo guzzo

Il campionato 2018-2019 della Lucchese non è una semplice stagione sportiva. È un rebus, è un’espressione matematica con diverse variabili (con valori negativi che vanno dal – 4 al – 8 o forse più), è una tombola con le cartelle sciupate e i numeri illeggibili, è una salita difficile, è un elettroencefalogramma societario piatto che fortunatamente incontra la qualità dell’elettrocardiogramma degli irriducibili tifosi rimasti attaccati con le unghie, con i denti, le dentiere e una dose incalcolabile di passione alla convinzione che arriveranno tempi migliori.

È solo sulla base di uno spinto ottimismo che bisogna guardare al match di domenica tra Lucchese e Cuneo. Se i rossoneri apatici visti contro i piemontesi infatti, sono la brutta copia di quelli tosti e gagliardi lodati nelle precedenti uscite, allora c’è solo da star tranquilli. Se la peggior Lucchese scesa finora in campo è comunque riuscita a strappare un punto a una squadra spregiudicata e vivace come quella schierata da mister Scazzola al Porta Elisa, non c’è nulla da temere per la salvezza.

Purtroppo il tempo è tiranno e il fieno da mettere in cascina tanto per poter dormire sonni tranquilli, ma non si può ignorare che la squadra è giovane – l’età media dei quattordici elementi impiegati da mister Favarin è di appena 23 anni - e come tale può accusare fisiologici attimi di distrazione, cali di personalità e di concentrazione, discontinuità e persino bottarelle d’assenza come quella di domenica.

La giornata è bellissima come l’autunno a Lucca e come l’orario del match, le 14.30, che rimanda alle domeniche di calcio di una volta. I gradoni vuoti dello stadio tuttavia raccontano desolazione e scarso attaccamento. Se non ci fosse la Curva Ovest a gridare tutto il suo amore, si potrebbe sentire distintamente il rumore degli sputi a terra dei calciatori. La vista di un bambino con indosso la maglia della Lucchese targata Cremlat ci distrae piacevolmente. Forse significa che “di padre in figlio” è un concetto ancora attuale.

Favarin, così come ad Alessandria, schiera un undici iniziale che più che una formazione è una richiesta di aiuto, un messaggio forte e chiaro che urge almeno un difensore di spessore. La vittoria contro il Cuneo sarebbe importantissima non solo per i tre punti e perché la compagine piemontese è un’avversaria diretta in chiave salvezza, ma rappresenterebbe, se ci è consentito fare un po’ di ironia, una sorta di vendetta – sentimento diffuso e di uso quotidiano nelle stanze del potere rossonero - verso chi in estate ha soffiato ai rossoneri la sede del ritiro, il Ciocco, nei primi giorni di agosto.

L’avvio vivace, il gran gol di De Feo all’11’ sotto la curva e poi il nulla. O meglio, poi solo il Cuneo. Il vantaggio sembra infatti spegnere l’entusiasmo dei ragazzi in maglia rossonera che iniziano un po’ troppo presto a vivacchiare in attesa del triplice fischio. Mauri fa quello che può, gioca con buona intelligenza tattica, smista palloni sprecandone con il contagocce e prova a sopperire alle amnesie dei compagni. Provenzano e Greselin, tanto per citarne due a caso, a tratti non si capisce se siano imbalsamati o in posa plastica come la Boschi per la copertina di Maxim. Gli ospiti rincorrono con un buon atteggiamento, ma la prima frazione si chiude con la Lucchese in vantaggio.

Intanto gli altoparlanti del Porta Elisa, muti in tutto il resto dell’impianto, continuano a parlare solo ai pochissimi eletti della tribuna a dispetto di regole e misure di sicurezza, privando la maggior parte degli spettatori non solo delle informazioni sulla gara, ma anche delle perle del buon Enrico Turelli, esempio vero di serietà, affezione e passione disinteressata. Sicuramente un disservizio non per scelta di alcuno, ma in ogni caso in perfetta linea con l’amministrazione comunale che riserva maggiormente la propria attenzione alla Lucca cosiddetta buona.

Nella ripresa la Lucchese passa dal nulla al nulla cosmico, sostituzioni comprese e - a parte gli interventi provvidenziali di Falcone, migliore in campo tra i suoi - gli unici cenni di vita sono una sportellata decisa di Favale a un avversario sul fondo e la caccia alle stelle di Bernardini, dispersivo e casinista. Il fischio finale è una liberazione legata alla consapevolezza che gare come questa sono da mettere in conto e che il percorso di sofferenza per i sostenitori rossoneri quest’anno prevede anche simili brutture calcistiche.

Da segnalare due belle cose: lo striscione “Ciao Iolanda” per ricordare Iolanda Pera (sorella di Stefano, storico tifoso rossonero), una donna coraggiosa scomparsa dopo una lunga ed estenuante battaglia contro il cancro e l’iniziativa di uno dei gruppi della Ovest di raccogliere fondi da destinare, in nome della solidarietà che va oltre la rivalità, alle famiglie del pisano gravemente colpite dall’incendio che ha devastato il Monte Serra. Un nobile gesto che fa seguito a numerose iniziative analoghe degli esponenti della Curva rossonera, come quella di aver portato il proprio aiuto ai livornesi nello spalare fango in occasione dell’alluvione dello scorso anno nella città labronica o come quella in cui, in seguito al sisma del 2016 nel centro Italia, oltre a essersi recati personalmente ad Arquata del Tronto per consegnare beni di prima necessità, hanno contribuito con una cospicua donazione al progetto “Ultras d’Italia per Amatrice” che ha permesso la realizzazione proprio ad Amatrice di un impianto sportivo polivalente inaugurato lo scorso 21 settembre. Altro che chiacchiere.

Infine, a suggello della prestazione incolore della squadra, arriva puntuale l’appello dell’amministratore unico del club, Carlo Bini che invita gli assenti al Porta Elisa a tornare allo stadio superando gli attriti e le divisioni. Buffo che a esprimersi con queste parole sia proprio lui, il braccio armato di penna di un sodalizio che nell’ultimo anno e mezzo ha usato la strategia del “divide et impera” in ogni direzione generando perdite di valori oltre che di uomini in società e fuori, non ultima quella del presidente dimissionario di Lucca United, Stefano Galligani, cui va il profondo ringraziamento di chiunque sia legato ai colori rossoneri.

Abbiamo il vizio della libertà di espressione, di non mandarle a dire e traiamo quotidiana ispirazione dal mito di Antigone, dalla ribellione romantica e solitaria di una donna contro il dominio ingiusto di un tiranno, contro regole scritte o non scritte ritenute inique.

Con un biglietto in tasca che non è un accredito, sia in casa che in trasferta.



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