Rubriche : romanzo rossonero

L’inverno addosso

lunedì, 5 febbraio 2018, 09:18

di simone pellico

Il secondo derby di fila per la Lucchese ha colore amaranto. Al Porta Elisa arriva l’Arezzo, il cavallo contro la pantera, entrambi rampanti almeno sullo stemma. Sul campo il freddo e la pioggia stemperano facili entusiasmi. Gli spettatori di curve e gradinata soffrono il santo martirio di chi non conosce il focolare dei palazzetti ma i gradoni bagnati degli stadi. I martiri sono comunque pochi, grazie all’ennesimo capolavoro dei padroni dei diritti televisivi. L’anticipo notturno, invernale, di venerdì. Una combo che la natura ha deciso di punire con il maltempo. 

La Lucchese parte dai blocchi di partenza senza due pedine perdute contro il Livorno: l’allenatore Lopez ancora squalificato e il giocatore Merlonghi infortunato. I rossoneri, in campo e sugli spalti, sperano che esca sulla ruota di Arezzo il numero ritardatario, la partita del riscatto, il rilancio della stagione che sta scivolando lentamente come una goccia sul vetro della panchina. Una stagione calcistica che rispecchia quella climatica. La Lucchese l’attraversa con l’inverno addosso, turbata dal freddo societario che un arbitro ha deciso di non scaldare con una vittoria contro il Livorno. Un groppo in gola che non si è sciolto contro il Monza, che forse scioglierà la pioggia che cade su Lucca.

Quando parte la corsa la pantera sembra più veloce del cavallo. Fra i due animali in abito scuro è quello di casa che arriva prima sulla palla, che mette più voglia, che sogna e realizza i suoi sogni. La pantera disinnesca il cavallo e la sua mossa, guadagna un angolo che con un’equazione si trasformerà in gol. Cross dalla bandierina, Fanucchi di testa appoggia per il diagonale da fuori area di Russu che un amaranto sistema sui piedi di Capuano. Il pallone supera l’orizzonte della porta, l’angolo iniziale si apre fino a diventare la retta bianca che unisce i pali. La geometria dice 1 a 0, i rossoneri ci credono, Capuano corre verso la panchina, prende una maglia che sventola come una bandiera. E’ quella di Mario Merlonghi, infortunato e sfortunato, ma non dimenticato. 

Se la partita fosse finita su questa immagine sarebbe stato un bel film per i rossoneri, un film che parlava di sacrificio, di riscatto, di spirito di squadra, di speranza. Ma il film continua, e gli avanti dell’Arezzo si ricordano di essere cavalli e non ronzini. Moscardelli ha la barba bagnata che lo sbilancia e tira tutto vicino alla porta ma fuori. Cutolo invece è ben coordinato quando sbatte un assist involontario di Capuano in rete. 1 a 1, Cutolo esulta ma non dà spettacolo come quella volta a Verona. Sono passati appena quindici minuti dal gol rossonero: sarà un lungo secondo tempo. Albertoni lo sa e si fa trovare pronto, soprattutto sul solito 10 amaranto. La Lucchese è un pugile alle corde che non cade, che aspetta la fine del round, la campanella che lo salverà. Dopo quattro minuti di recupero il gong suona, il pareggio è strappato come risultato ormai insperato. 

La partita finisce, non la pioggia. Ma non serve più a rendere vivo il verde dell’erba, una volta spente le luci. La pioggia nello stadio è come la pioggia nel pineto. Piove dalle nuvole sparse. Piove sugli spalti, sulle sigarette spente e sperse. Sulla balaustra scura, già listata a lutto per la fine di un gruppo, di un canto strozzato della mia città. Piove su un cippo, che aspetta fedele di fronte allo stadio. Sbeccato come lo è l’esistenza, con una data che è un taglio sulla faccia di chi non scorda. La pioggia che batte sulla pietra fa suonare il cippo come uno strumento. Forse è l’eco della parole che Alessandro e Claudio si stavano scambiando mentre attraversavano l’anello della circonvallazione, quel fiume che non sono riusciti a guadare. Il parafango di un’auto è stata la falce che li ha tagliati. E riatterrarono, recisi, sul letto di asfalto, per dormire per sempre. Il loro cuore fermo come un orologio vecchio. E quello di chi stava intorno, a mille. Quei santi martiri la pioggia non la sentono più, vegliano il Porta Elisa e tutti coloro che ora possono attraversare il fiume vigilati da un semaforo. 

Quel cippo è un faro che brilla, che scambia sguardi intermittenti con altri fari. A Viareggio uno c’era già, presto ce ne sarà un altro. Nelle pieghe del fine settimana la stessa falce che ha unito Alessandro e Claudio ha tagliato Andrea e Fabio, sulla Darsena. Altri due lucchesi traditi da un’auto, da un boia fatto e ubriaco. Anche queste sono storie rossonere, di ragazzi che seguivano la Lucchese, che stavano sui gradoni, bagnati dalla pioggia, dal sole o dalla nebbia. Fabio ancora lotta, ancora sventola la sua bandiera. Facciamo tutti il tifo per te.



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