Rubriche : romanzo rossonero

Poteva andare peggio. Poteva piovere

lunedì, 23 ottobre 2017, 12:36

di simome pellico

I tralicci sull'Aurelia portano il filo di pensieri che cambiano come il tempo. Quando le nuvole coprono il cielo l'orizzonte è solo una delle tante gallerie nere che ti inghiottono e sputano sulla lingua grigia dell'asfalto. Una delle tante sigarette spente sulla piazzola dell'autogrill a Cecina, al confine con il Messico. Quando esce il sole però non scalda, non scioglie l'amaro in fondo al pensiero, in fondo al calice che tutti beviamo.

Allo stadio di Grosseto non sono abituati ad accogliere gli ospiti. Se vuoi comprare un biglietto per la partita prima devi vedere pure uno spettacolo di burattini. Sei lucchesi disgraziati che devono fare la spola fra la biglietteria anonima e la "scientifica" - così si autonominano i vacanzieri della digos locale, e ti aspetti che tirino fuori i guanti bianchi, e pensi d'essere finito sulla scena di un crimine, ma poi capisci che è solo colpa di troppo CSI Miami alla tv e l'unico crimine commesso è quello contro il buon senso - come nemmeno in un ministero della burocrazia. Così i sei disgraziati prima non possono entrare, poi possono entrare solo in tribuna, poi possono entrare in curva con il biglietto di tribuna, poi non va internet, poi rifunziona ma nessuno si prende più la responsabilità di farli entrare in curva, poi nemmeno in tribuna. Poi mille telefonate, mentre i disgraziati corrono da un punto all'altro come in un campo da baseball, e la distanza fra le basi è uno dei tanti deserti di questa nazione. Intanto il cielo si fa crucciato, pensa se pisciare acqua sul teatrino delle miserie umane. Intanto una signora della "scientifica" continua a filmare i disgraziati con la sua telecamerina per le vacanze. "Faccio il mio lavoro" dice, mentre si aggiusta il borsello d'ordinanza sopra l'evidenza del sovrappeso. Il film della vacanza dei lucchesi a Grosseto, sei pericolosi disgraziati finiti nel viaggio organizzato da Fantozzi. Poi il teatrino chiude il sipario, i fili dei burattini si sciolgono e si può entrare. Con dei biglietti totalmente bianchi, senza scritte, un passe partout senza codice a barre strappato a mano. Il primo tempo è già alla mezzora, Baroni è già uscito per infortunio.

Una volta dentro si capisce perché a Grosseto non sono abituati a gestire gli spettatori. La curva è un sorriso di pietra vuoto di denti, la gradinata una pista di atletica per le foglie secche spinte dal vento. L'unico settore abitato - in condominio - dai padroni di casa è la tribuna. Probabilmente ci sono solo i genitori dei calciatori del Gavorrano, come alle partite dei pulcini. Una volta dentro si capisce anche che la Lucchese deve aver avuto lo stesso problema dei disgraziati ad entrare, perché in campo non c'è. Ci sono solo undici fantasmi che portano in giro per il prato il proprio lenzuolo bianco, ma non fanno paura a nessuno. Il Gavorrano ha maglia nera e in confronto pare un reparto di arditi con il pugnale fra i denti. Il quarto d'ora di frazione rimanente i padroni di casa si limitano a fare ricami in punta di lama sulla pelle della Pantera. Si può andare al bar, un loculo ingabbiato senza birra, senza caffè, senza panini, senza senso. Attaccato alla curva ospiti un adesivo recita sarcastico "in alto le pinte". Non allo stadio di Grosseto. 

Purtroppo nel secondo tempo le squadre non si sono scambiate le maglie. Il cielo apre uno occhio di sole solo per vedere il Gavorrano fare le prove dell'azione del gol all'ottavo e poi metterlo in scena un minuto dopo. Angolo, testa, rete. Cazzo. Beviamoci sopra. Ah no. Il cielo chiude l'occhio, chiude la serranda grigia sulla testa del mondo. Chi aspettava la reazione dei rossoneri è ancora allo stadio con gli occhi gialli come un gatto, avvolto in una coperta a scommettere sulle foglie secche che corrono in gradinata. Dice stia bevendo pure un caffè. Ah no. La partita non cambia ruoli. La Lucchese ha per contratto di non passare la metà campo. E' un nuovo gioco, dice. "Ma Fanucchi c'è in campo?". Albertoni fa l'orso al circo davanti alle pallonate di un Gavorrano più verdeoro che rossoblu. La cronaca di Gazzetta Lucchese inizia i periodi con un copia e incolla di "Ancora Gavorrano in avanti". Se ci fosse almeno il caffè. Intanto i tifosi lucchesi cantano come i suonatori sul Titanic e si aspetta l'iceberg come una liberazione da questa gara di terza categoria.

Poi i cinque minuti di recupero, la fame di un gol immeritato ma che ora sarebbe più gustoso del panino che il bar non vende. De Vena ha la palla giusta per tirare giù il palazzo, dalla curva sembra aver messo il passamontagna, è pronto per la rapina. Chi non ha seguito la traiettoria della palla ma ha guardato solo la porta, dice che stia ancora aspettando di vedere passare il pallone come la cometa di Halley, di vedere una casella piena nella griglia della rete del Gavorrano. Ha gli occhi rossi per lo sforzo e qualcuno che gli batte pacche sulle spalle ricordandogli che ha una famiglia a casa. Dice stia bevendo pure un caffè. Ah no. Il Gavorrano ha sbiancato la Pantera, ma  poteva andare peggio. Poteva piovere. 

 



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