Rubriche : romanzo rossonero

Lucchese-Pontedera, un velo di dolore autentico sul calcio

lunedì, 4 settembre 2017, 12:46

di alessandro lazzarini

L'arbitro fischia, davanti a lui i calciatori riuniti in cerchio a testa bassa al centro del campo, sulle tribune la gente si alza in piedi e il brusio dei pronostici e delle chiacchiere si blocca all'istante precipitando lo stadio nel vuoto surreale della perdita. L'ennesimo minuto di silenzio prima di una partita di calcio non è l'atto dovuto per un personaggio conosciuto ma lontano o per una fatto tragico distante nello spazio, stavolta si celebra solo a Lucca: è lo strazio del lutto cittadino. La partecipazione è vera, spontanea, anche i tifosi ospiti sono coinvolti e solidali, il vero elemento di vicinanza e comunione non è dato da un romanzato legame fra concittadini, ma dal fatto che si ricordano due morti sul lavoro. Quasi tutti lavorano, molti colorano la loro quotidianità col rischio di un lavoro pericoloso, l'immedesimazione è al massimo livello, ci sono operai che sanno che sarebbe potuto toccare a loro.

"Ho sempre sognato di fare il calciatore. Anche se guadagno bei soldi, non è mai stato un lavoro: è semplicemente la cosa più bella che c'è", così parlava il calciatore milionario del Paris Saint Germain Marco Verratti in una intervista alla Gazzetta dello Sport; "anche se guadagno bei soldi non è mai stato un lavoro", l'associazione inconsia che produce la frase è quella fra lavoro e sacrificio: siccome guadagna cifre enormi gli sembra strano che il gioco per cui lo pagano non sia un lavoro. E' il cenno del distacco dalla realtà che si vive nel mondo edulcorato e falsificato del calcio, segno tangibile che avidità e possesso di troppi soldi sono una malattia sociale. Nel mondo reale per mille o poco più euro si rischia di lasciare una mano in un macchinario industriale, di vedersi precipitare addosso un carico pesante, oppure di cadere da una gru mentre si sta addobbando di luci la propria città per la sua festa più tradizionale, il suo momento di socialità e di incontro più sentito, come è accaduto a Eugenio Viviani e Antonio Pellegrini.

Nel 2016 sono stati 1018 i morti sul lavoro in Italia, l'anno prima qualche decina in più, chissà se nel mondo del calcio lo sanno, con la loro narrazione che ci raggiunge ogni giorno rabbiosa dotando di senso improprio, senza vergogna e con la complicità di giornalisti senza dignità, parole come 'soffrire', 'disfatta' e anche 'lavoro'.

Finito il raccolgimento è proprio sul 'mondo del calcio' che si spalanca la finestra e il calcio non è certo l'arroganza e la frustrazione messa in scena dai miliardari privati del senso di realtà: è festa, incontro, evasione proprio da quel macchinario che potrebbe prenderti una mano. Qua poi siamo in 'serie C', fra gli operai del calcio, e il clima e le parole son ben diverse da quelle smisurate che hanno definito la sera prima la disfatta spagnola della nazionale italiana dei fuoriclasse inventati dalla pseudostampa che si fa dettare gli articoli dai procuratori.

Si gioca Lucchese Libertas Pontedera, i padroni di casa con la classica maglietta a strisce rosse e nere, gli ospiti in bianco in luogo del tradizionale amaranto. Per le pantere è la prima del campionato sul campo amico, l'occasione in cui gli appassionati vedono per la prima volta i nuovi giocatori e da navigati osservatori li giudicano, di solito bocciandoli repentinamente al primo errore tecnico. Così vorrebbe il copione, ma succede qualcosa di diverso. Quello che succede è che fin da subito i rossoneri prendono il pallone senza mai restituirlo agli avversari e cominciano a dar vita al mai visto: la sfera viaggia e i calciatori gli ballano intorno con movimenti armoniosi, premiati da una fitta quantità di passaggi che si esaurisce solo quando qualcuno arriva a calciare verso la porta. E' un palcoscenico dove niente appare per caso e dove una luce irradia dal centro della scena, che è occupata dal numero 10 della Libertas, Iacopo Fanucchi.

Faccia da bravo ragazzo e fisico da corazziare, Fanucchi è uno dei 'vecchietti' della squadra, ma soprattutto è l'unico giocatore lucchese fra i titolari. Giramondo del calcio mai valorizzato per quelle che sono le sue qualità, ha giocato anche nell'odiato Pisa baciandone la maglia proprio quando non doveva, il che ha determinato un paio di anni di offese da parte di un pubblico che alla fine ha imparato ad amarlo, seppur timidamente. Stavolta è in una di quelle giornate sontuose dove ogni pallone che tocca si trasforma in un colpo di scena di quelli che fanno del calcio uno spettacolo anche visivo, oltre che emozionale; il suo alleato prediletto è il biondo e gracile terzino Tavanti da Pietrasanta, instancabilmente su e giù per la fascia e mandato a ripetizione a tu per tu con il portiere degli ospiti, la sua spalla il piccolo Arrigoni da Cesena, che sul finire del tempo è il destinatario dell'ennesimo lampo di Iacopo e dopo un perfetto stop con un rapido tocco porta in vantaggio la Libertas. La prima frazione finisce solo 1-0, poco rispetto al bagliore che si è visto, la Lucchese sembrava la Spagna, il Pontedera l'Italia.

Lucchese Pontedera è anche un derby, secondo una retorica che così vuole definire le partite fra squadre della stessa regione. Le due città sono vicine, ma ormai lontane nelle abitudini e nei collegamenti. Eppure c'è stato un periodo in cui erano collegate da una ferrovia dedicata solo a loro. Sembra una storia incredibile ma un tempo gli scambi fra lo stato di Lucca e la Valdera, che si trovava nel Granducato di Toscana, erano fluviali, attraverso il lago di Sesto. Poi a metà ottocento il padule bientinese fu bonificato e vennero a mancare le vie di collegamento, così si iniziò a pensare a un collegamento su rotaia fra le due località. La gestazione fu lunga perché ovviamente (la storia si ripete sempre, dice qualcuno) c'era qualche città, per lo più Firenze, ma anche Pisa, che temeva che il collegamento dell'allora ricca e grande Lucca con la ferrovia Leopolda (quella che da Firenze arriva a Pisa passando anche da Pontendere) togliesse importanza ai loro centri. Però stranamente poi l'opera si fece, i comuni interessati la volevano. E che opera: era il primo pezzo di un progetto mastodontico, cioè una linea ferroviaria parallela alla costiera e che doveva andare da Roma a Modena, 25 chilometri, oltre 50 passaggi a livello e addirittura una galleria sotto a un fiume, il torrente Visona, ancora in piedi e visitabile a Pieve di Compito. La Lucca Pontedera fu inaugurata il 28 ottobre 1928, anniversario della Marcia su Roma come da tradizione del Ventennio, nelle intenzioni sarebbe dovuta essere una tratta per lo più dedicata agli scambi commerciali fra due realtà produttive molto laboriose, in realtà di merci ce ne viaggiarono molto poche ma, incredibilmente, la gente prese a usarla in massa, da Pontedera a Lucca, da Lucca a Pontedera, dal compitese verso il capoluogo: era un'epoca in cui Lucca era ancora un punto di riferimento, poi è successo che i centri vicini sono cresciuti e Lucca invece si è immobilizzata perdendo prestigio di anno in anno. Era anche un'epoca in cui l'azione politica non era virtuale, cioè fatta di slogan a cui non segue alcun fatto e dominata dalla comunicazione che muove il consenso; prima dell'avvento di radio, tv e media, c'era giusto qualche giornale, ma la maggior parte della gente era analfabeta e l'unica via per la costruzione del consenso spesso erano i fatti. Ecco così che si era creata una mobilità alternativa vera, una ferrovia, non un discorso ecofantasioso sull'andare in bicicletta dal Piaggione al Centro Storico come quelli che si sentono da politici che poi alla fine più che altro creano l'immobilismo alternativo, cioè alternativo alle infrastrutture necessarie.

Il 31 agosto 1943, quando già tutte le forze schierate sapevano che di lì a due giorni ci sarebbe stato l'armistizio, senza un vero motivo le fortezze volanti B-17 dell'esercito Alleato si levarono in cielo e sganciarono 1100 bombe, centinaia di tonnellate di esplosivo, su Pisa, distruggendo quartieri e i lungarni; lo scopo era neutralizzare l'importante snodo ferroviario della città, da cui passavano i rifornimenti per l'esercito dell'Asse. Non si sa se i morti furono mille o duemila, gli americani non hanno mai badato a certi particolari (e in quegli anni barbari, a dire il vero, non ci guardava nessuno), ma di certo dopo il bombardamento l'obiettivo non era raggiunto: c'era la Lucca Pontedera, che avrebbe permesso di ripristanare il collegamento in fretta. Il 6 gennaio successivo allora gli Alleati completarono l'opera, poi i nazisti in ripiegamento inflissero il colpo finale alla ferrovia (non hanno mai saputo perdere, purtroppo): la Lucca Pontedera era distrutta. A dire il vero subito dopo la guerra fu ricostruita in fretta, ma poi le Ferrovie dello stato decisero che non ce n'era più bisogno così fu smontata ancora e le rotaie e i pezzi di ponte destinati ad altre opere, era arrivata l'epoca delle automobili.

I calciatori giustamente se ne fregano dell'antico legame che univa le due città ed è assai probabile che quelli del Pontedera abbiano pensato di non aver alcuna voglia di tornarsene a casa umiliati, anche se in autobus invece che in treno. Così per una di quelle alchimie che agli occhi dei più sono inspiegabili, nel secondo tempo lo spettacolo cambia e gli amaranto (in maglia bianca) se ne guardano bene dal farsi prendere a pallonate dai rossoneri, tornano in campo con altro piglio e voglia di pareggiare. Allora l'allenatore dei padroni di casa capisce che è il momento di sostituire la spavalderia con la forza e chiama fuori il veloce De Vena per far entrare il massiccio Del Sante, poi chiama fuori il ragazzino esordiente Damiani, che aveva comandato il centrocampo fino ad allora, e manda in campo il solido e intelligente Mingazzini. Gli ospiti ci provano, ma non tirano mai in porta, la Lucchese non abbaglia più, ma le occasioni del secondo tempo sono tutte sue. Arrivano i primi tre punti, la gente torna a casa con una vittoria in tasca e negli occhi uno spettacolo che di certo non si aspettava. Subito alla gioia della vittoria viene affiancata l'attesa per la prossima battaglia, il cui teatro sarà quello 'segnato nell'aria dal puzzo di pesce' degli odiati (ma anche segretamente amati per la loro esibizionistica simpatia) livornesi.



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