Porta Elisa News

Gambler: da figura mitologica a malato da salvare

sabato, 22 luglio 2017, 14:25

In questi anni, lo sviluppo prorompente del gioco d'azzardo ha portato molti psicologici ad analizzare la figura del cosiddetto gambler. Questa figura, originariamente era legata solo ai film western. Il gambler veniva spesso descritto come un giocatore professionista, il più delle volte baro, ben vestito e con una strafottenza innata. Tutti ricordano film come “Maverick” con l'interpretazione di Mel Gibson nei panni del giocatore di poker o l'italianissimo “Continuavano a chiamarlo Trinità” con la mitica partita giocata da Trinità (Terence Hill) e Bambino (Bud Spencer).

Ad oggi, la definizione di “gambler” è profondamente cambiata, così come la sua “struttura psicologica”. Questo perché il numero dei professionisti del gioco è aumentato in maniera esponenziale, anche grazie allo sviluppo del gioco online, che vede oltre 1,5 milioni di giocatori (come riporta Giochidislots).

 

L'agenzia Doxa, famosa per le sue ricerche di mercato, in questi anni ha delineato quattro tipologie di giocatore d'azzardo. 

 

Il primo profilo è quello dell' “emotivo/disilluso”, ovvero colui che ha un approccio negativo con il mondo che lo circonda e che gioca già conscio di perdere in partenza. All'esatto opposto ci sono gli “equilibristi/soddisfatti”, ovvero quelli che vedono sempre il lato positivo della vita e che, nel gioco, sono certi che la fortuna girerà sempre dalla loro. Il terzo profilo di giocatore è quello definito “camaleontico/superficiale”. Si tratta di individui senza personalità, che seguono le mode e non hanno uno stile di vita riconoscibile. Nel gioco, sono coloro che vanno dietro a bonus e offerte, a seconda della moda del momento. Infine, i “positivi/sicuri” sono coloro che riescono in tutto ciò che fanno. La loro carica ed energia li spingono a essere il punto di riferimento del gruppo. Si possono identificare come i veri e propri gamblers professionisti. 

 

I profili psicologici dei giocatori, come si può vedere, sono equiparati anche a quelli delle persone nella vita di tutti i giorni. Questo perché, come molti studiosi hanno fatto notare, i tratti distintivi degli individui, nascono dalle loro esperienza genetiche, famigliari e sociali.

Secondo lo psicologo Davide Algeri, il gioco d'azzardo si può dividere in tre macroaree. I “giochi di isolamento” come i videopoker, rappresentano una via di fuga da una realtà che non appaga l'individuo.
I giochi di azione vengono scelti dalle persone che hanno bisogno di stimoli e sensazioni forti per sentirsi attivi e vitali.  Infine, i giochi “socializzanti”, come le scommesse, portano i giocatori a sentirsi parte di un gruppo contro un sistema che si arricchisce grazie alla loro attività.

Algeri afferma che queste tre tipologie hanno tutti uno stesso stimolo: il masochismo. Secondo questa visione, l'individuo gioca per placare le sue voglie recondite e, così facendo, alimenta il suo senso di colpa, cercando poi di essere punito, attraverso la sconfitta, per i suoi errori. Il giocatore patologico è, invece, una persona impulsiva e perseverante che cerca riscatto attraverso il gioco e trova intollerante il fallimento.
Per questo motivo, continua a spendere soldi in attesa di una sorta di rivincita, senza preoccuparsi se questo suo modo di agire, finisce per avere ripercussioni sulla vita reale. 

 

Le analisi psicologiche compiute su diverse tipologie di giocatori, non riescono, però, a dare soluzioni convincenti sul problema del GAP. Al momento, non esiste un trattamento universalmente riconosciuto contro questa piaga. Le diverse misure prese a livello regionale, nazionale e internazionale, sono di mera prevenzione e non di cura. Questo per dire che, nel XXI secolo, il gioco patologico ha effetti più devastanti della droga. Il gambler, quindi, si è trasformata da figura mitologica da cui lasciarsi ammaliare a malato senza cura. Insomma: per un Dan Bilzerian che ce la fa, ci sono migliaia di Commodoro che finiscono per perdere la partita. 




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